MOJOTIC, ECCO IL CIRCO ZEN: “SESTRI MAGICA. IL NUOVO LIBRO? È IN STAMPA, CI SARANNO GENOVA E IL G8”

Di il 22 Luglio 2019
Ilaria Magliocchetti Lombi

L’intervista a Karim Qqru, batterista degli Zen Circus, in concerto venerdì 26 luglio al Mojotic Festival di Sestri Levante

SESTRI LEVANTE (GE) – «Dopo anni di duro lavoro possiamo finalmente dirlo: nei prossimi mesi uscirà il nostro libro. Domani va in stampa e racconta parte della nostra carriera attraversando anche una città e un evento che difficilmente scorderemo: Genova e il G8». Dopo la partecipazione a Sanremo con “L’amore è una dittatura” e il tour per i vent’anni di carriera, gli Zen Circus, protagonisti della prima serata (venerdì 26 luglio) del Mojotic Festival di Sestri Levante, sono pronti per esordire in libreria.

Karim, puoi svelare qualche dettaglio?

«Il nostro primo libro ci ha visto spendere tutte le nostre energie: è un progetto al quale teniamo molto, che abbiamo sviluppato con l’aiuto un autore di romanzi. Sono anni che ci lavoriamo e ora è finalmente realtà: ieri abbiamo chiuso gli ultimi particolari e domani va in stampa. Sveleremo poi tutto nei prossimi mesi, ma posso già dire che è un qualcosa di molto particolare nell’editoria musicale. Non è una classica autobiografia, la trama si incrocia alla nostra discografia e a parte della nostra carriera».

Genova rappresenta una città significativa per voi, fa parte del libro?

Gli Zen Circus. Da sinistra: Karim Qqru (batteria), Andrea Appino (voce e chitarra), Massimiliano “Ufo” Schiavelli (basso) e Francesco Pellegrini (chitarra). Credit Big Time

«Sì, c’è Genova e c’è il G8. Diciott’anni fa ero lì in mezzo: è un’esperienza che mi ha segnato. L’ultimo giorno, nel tentativo di raggiungere una stazione per tornare a casa in treno, mi sono imbattuto nel marasma più totale, tra corazzati e fumogeni. Non c’era più possibilità di vedere nemmeno l’ombra dello stato: mi sono buttato sui binari da un muretto alto quattro metri e ho corso per chilometri fino ad arrivare a una stazione aperta (probabilmente Genova Nervi), dove ho incontrato tanti altri ragazzi che avevano fatto la stessa cosa. È stato un trauma, ricordo ancora la segatura gettata per terra per evitare di scivolare nel sangue».

Lo hai definito “uno shock chiamato disincanto

«Esatto, e non solo per me: ha segnato la mia generazione e ha messo fine alla mia attività politica. Penso che oggi sia giusto parlarne fino alla nausea, al costo di star antipatico alla gente: fatti come questi devono essere ricordati e trasmessi di padre in figlio, non dovrebbe mai più capitare qualcosa di simile».

Passiamo alla stretta attualità: venerdì siete in concerto a Sestri Levante, una città alla quale avete dedicato un brano in “Canzoni contro la natura”. Che ricordi vi evoca?

«Sestri Levante è un posto magico, non a caso anche i Tame Impala ci hanno dedicato una canzone. Ci siamo innamorati di questa perla del Tigullio in una delle ultime date del tour di “Nati per subire”, durante la quale abbiamo avuto qualche problema tecnico, ed è nato un concerto involontariamente busking. Mi ricordo che sono entrato all’Ex Convento dell’Annunziata, sulla Baia del Silenzio, e ho trovato una serie di “carabettole” di metallo, dalle quali ho ricavato una sorta di batteria. È stato un concerto molto peculiare, finito con un falò in spiaggia con i fan fino all’alba. Portiamo un gran bel ricordo di quella serata, ha spezzato la routine del tour con una situazione intima e rilassante».

Da levante a ponente: a febbraio avete partecipato al Festival di Sanremo.

«Seguo il Festival da quando sono bambino: è un’anima policroma, un grande contenitore culturale che abbraccia diverse personalità artistiche. Noi Zen siamo arrivati a Sanremo con naturalezza, come fosse una normale tappa del nostro percorso artistico. La nostra carriera è un insieme di piccoli passi, non abbiamo mai avuto grandi exploit ma la nostra crescita è sempre stata costante: ciò ci ha permesso di affrontare Sanremo con spensieratezza, a differenza dei grandi big del pop italiano che vivono per il festival».

“L’amore è una dittatura” è una delle canzoni che ha sfruttato al meglio l’orchestra.

«Sì, esibirsi con un’orchestra credo sia stato uno dei punti più alti della mia carriera. A differenza di gran parte dei miei colleghi della scena rock, scrivo tutto su spartito. In “L’amore è una dittatura” ho registrato nove livelli di percussioni e vederli suonare in ogni particolare da un’orchestra è stata una soddisfazione gigantesca già dalle prime prove».

Quest’estate siete in giro per lo stivale con il tour di “Canta che ti passa”, una canzone che in un certo senso prosegue sulla linea di “L’amore è una dittatura”. Quanto Sanremo c’è in “Canta che ti passa”?

«Non molto a dir la verità, non era stata scritta per il festival esattamente come “L’amore è una dittatura”. Ciò che ci è rimasto impresso è la mole di commenti ed e-mail ricevute dopo il festival: è stata una soddisfazione notevole raggiungere un pubblico diverso portando una canzone che sentivamo nostra al 100% e non frutto di un compromesso per far piazzarsi bene al festival».

Anche “Catene” ha avuto feedback simili.

«Esatto, anche “Catene” ci ha portato a un pubblico nuovo. Qui a scriverci sono stati soprattutto i genitori che, ascoltando la canzone dai figli, sono scoppiati a piangere. Sarebbe stata una canzone perfetta per il Sanremo, ma l’abbiamo scritta un anno prima (ride, ndr)».

Su Giulio Oglietti

Cresciuto tra la nebbia e le risaie del Monferrato, è a Genova dal 2013. Laureato in Informazione ed editoria, collabora con GOA da luglio 2017. Metodico e curioso, è determinato a diventare giornalista. ogliettig@libero.it

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