FRAH QUINTALE AL CRAZY BULL “LA MIA MUSICA È UN ISTINTO TERAPEUTICO”

Di il 6 Febbraio 2018

A Genova il rapper presenterà il suo nuovo disco Regardez Moi. Ci racconta in un’intervista cosa lo ispira, e perché sentiremo ancora parlare di lui.

di Marianna Mancini

 

Il suo primo disco da solista è uscito lo scorso 24 novembre per l’etichetta indipendente Undamento, ma è solo l’inizio. Francesco Servidei, in arte Frah Quintale, fa parlare di sé fin dal 2006, con 3 album e 3 mixtape pubblicati con l’amico Merio sotto il nome di Fratelli Quintale.

 

Il rapper bresciano di nascita e milanese d’adozione, in tour per presentare Regardez moi, farà tappa a Genova venerdì 9 febbraio al Crazy Bull. L’abbiamo incontrato per farci raccontare qualcosa in più sulla sua musica, e non solo.

 

 

Tra le tue influenze citi big dell’hip-hop americano (fra tutti i Gang Starr) con ammiccamenti al funk di Madlib e in generale alle produzioni dell’etichetta californiana Stone Throw, che virano anche verso l’elettronica sperimentale. In Italia sembra invece che il rap si stia muovendo sempre più verso il cantautorap, genere melodico che si cura forse più dei testi che non della sperimentazione musicale. È una tendenza che ti senti di cavalcare o che hai intenzione di invertire nei tuoi prossimi lavori?

Sicuramente la musica che ascolto gioca un ruolo importante, ed è un buon punto di partenza per trovare ispirazione. Ultimamente ad esempio mi sto interessando anche ai lavori di Anderson Paak e Tyler, The Creator. In fase creativa però non voglio precludermi niente, preferisco muovermi in maniera più istintiva piuttosto che ricalcare qualcosa che è già stato fatto. È per questo che non sono neanche io in grado di dirti che direzione prenderanno i prossimi lavori.

 

Senti la necessità di dedicarti allo studio di qualche strumento in particolare o trovi più creativo strimpellare un po’ di tutto?

Fra tutti gli strumenti che suonicchio, mi piacerebbe approfondire lo studio della batteria, così come studiare canto. La verità però è che avere basi è importante, ma nel mio processo creativo preferisco che i vari elementi trovino un loro ordine e una loro miscela da soli, piuttosto che concentrarmi singolarmente su ogni aspetto. È così che faccio venire fuori il mio stile, sono molto impulsivo.

 

Regardez moi è uscito sotto l’etichetta indipendente di Tommaso Fobetti Undamento, lo stesso collettivo di Coez, Ceri, Patrick Benifei, David Blank. Nell’album hai già collaborato con Anansi (Occhi) e Pietro Paletti (Branchie). In passato, con Merio, con En?gma, Jake the Smoker, Bassi Maestro. C’è un artista in particolare del panorama italiano con cui vorresti ancora collaborare in futuro?

Fra gli artisti italiani quello che al momento mi interessa di più è Giorgio Poi, che mi sembra avere un suono più internazionale rispetto ad altri. Poi chiaramente c’è Silvano [Coez, ndr], con cui condividiamo l’etichetta e con cui sicuramente potrà nascere qualcosa. Quest’anno sono uscite molte cose belle, penso ad esempio ai Coma_Cose… insomma è un momento stimolante per la musica italiana.

 

Quando è uscito l’EP 2004 [nel 2016] ti sei occupato personalmente di grafiche, video e comunicati stampa. Il tuo curriculum non si fa mancare nemmeno l’esperienza nel writing. Hai abbandonato l’arte urbana o di notte continui a frequentare le stazioni? In cosa ti rispecchia il tuo stile grafico?

Purtroppo o per fortuna ho dovuto fare delle scelte, e la musica mi ha assorbito completamente. Mi piace ancora disegnare e cerco comunque di portare avanti questa mia passione – le 500 copie di Regardez Moi in edizione speciale per cui ho disegnato personalmente la copertina ne sono un esempio. L’arte del writing resterà sempre parte del mio background, ma richiedeva una dedizione che al momento ho deciso di mettere da parte.

 

 

E il freestyle?

Qualche volta durante i live mi cimento, ma è più un divertimento che non un vero e proprio esercizio. Non partecipo più a battle o sessioni, anche se spesso in fase di registrazione l’ispirazione parte proprio da un freestyle. Anche qui: mi lascio guidare dall’istinto più che da una precisa scelta.

 

Il rapporto con il tuo pubblico. La pubblicazione di Regardez moi è stata preceduta da una sessione di registrazione “aperta” che hai condiviso attraverso la speciale playlist di Spotify lungolinea, contenente strumentali, brani e perfino messaggi vocali di whatsapp. Da queste anticipazioni hai raccolto qualche feedback dai tuoi fan che hanno effettivamente influenzato il lavoro uscito a novembre?

In parte lungolinea mi ha aiutato a definire la scaletta di Regardez Moi. Accattone per esempio è un pezzo che inizialmente non era stato concepito per finire nel disco. Quando abbiamo visto che ha avuto un buon riscontro l’abbiamo inserito a metà dell’album, a fare da spartiacque. In generale la playlist condivisa era un invito nello studio per chiunque fosse curioso di sapere cosa stessi combinando, un po’ per dare un assaggio della mia musica e un po’ per prendere confidenza col pubblico presentandomi per quello che sono.

 

Nel tuo ultimo disco hai molta voglia di raccontarti: esperienze personali, intimismo e cenni autobiografici, insomma, ti dai letteralmente in pasto a chi ti ascolta. Non ti spaventa aprirti così tanto?

Per niente! Faccio quello che mi dice il mio istinto. La musica per me è terapeutica. C’è chi va dallo psicologo, chi va a correre e chi invece scrive canzoni. È un momento di sfogo, condividere le mie emozioni con chi mi ascolta crea un’empatia che poi viene fuori anche quando suono nei live. Mettermi a nudo con il mio pubblico mi ha fatto scoprire che in fondo molta gente si rispecchia nelle mie emozioni.

 

Allo stesso tempo però nei tuoi video ti nascondi dentro una testa gigante…

Quella è perché non mi piace la mia faccia! [ride]. Se da un lato mi apro, dall’alto è giusto mettere una barriera, che più che uno schermo è un approccio scherzoso, serve anche a non prendermi troppo sul serio. Rispecchia anche il mio lato cinematografico, come il bigfoot, la mascotte che ci accompagnava sul palco quando mi esibivo con Merio.

 

A proposito di questo: il tuo progetto con i Fratelli Quintale è stato messo in pausa per dedicarti alla carriera di solista o sono due strade parallele che vuoi continuare a percorrere?

Diciamo che ci siamo presi una pausa. Anche Merio si sta dedicando ad un lavoro da solista, mentre io sono impegnato in questo tour, portare avanti entrambe le cose sarebbe letteralmente impossibile. Per il futuro chissà…

 

Ti manca Brescia?

È un rapporto di odio / amore. Certo gli affetti e le mie amicizie mi mancano, ci ho messo un po’ ad abituarmi ai ritmi di Milano che è una città veloce e spesso fredda, ma in fondo mi ha accolto bene. Ora però non riuscirei più a tornare alle vecchie abitudini, e questo passaggio della mia vita è proprio quello che ho cercato di raccontare nel disco.

 

Su Redazione

Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Claudio Cabona, Giovanna Ghiglione e Giulio Oglietti. Le foto sono a cura di Emilio Scappini. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela Biagini

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