Tutto su Gheddafi, lo spettacolo al Teatro Cargo

Di il 28 Febbraio 2018

GENOVA – La Stagione 2017/2018 del Teatro Cargo prosegue venerdì 2 marzo (ore 21) al Teatro del Ponente (piazza Odicini 9, Voltri) con “L’ultima notte del Rais”, uno spettacolo su Gheddafi.

 

Basato sull’omonimo romanzo di Yasmina Khadra ridotto per la scena da Renzo Sicco, è diretto da Giovanni Boni e interpretato da Sax Nicosia, accompagnato dalle percussioni di Vito Miccolis e Roberto Leardi. La produzione è di Assemblea Teatro.

Il biglietto singolo è in vendita a 16 euro (intero) o 14 euro (ridotto) al botteghino del teatro in piazza Odicini. Prenotazioni al numero 010-694240, via mail scrivendo a promozione@teatrocargo.it.

 

 

Affronta una realtà contemporanea bruciante e controversa, quella di un personaggio shakespeariano. Gheddafi è Re Lear, Riccardo III, Macbeth in carne ed ossa, non c’è bisogno di inventarlo né di affidarsi alle esagerazioni della finzione.
Il Rais è un personaggio complesso, che incarna molti ruoli contemporaneamente: è un megalomane, un idealista, un dittatore, un riformatore. Si vedrà cosa rimarrà di lui nei libri di storia: il beduino indomabile oppure il tiranno visionario? In ogni caso, è un paradosso. Gheddafi mai pensa di fare il male, è sempre certo di agire per il bene della nazione e per garantire la sua longevità politica.
Nulla giustifica le atrocità di un uomo che paranoico, capace di perdere il contatto con la realtà, si lascia andare a impulsi incontrollabili. Anche in fuga, non si rende conto che la sua storia è finita, non riesce a crederlo, pensa di essere sprofondato in un incubo da cui prima o poi si sveglierà; spera in un miracolo perché non può immaginare che il suo destino possa finire così. Continua a credere di aver operato per il bene del suo popolo, che però sta per assassinarlo.

 

Ogni individuo è quello che gli altri vedono in lui. Un personaggio è sempre fatto della sua realtà e delle voci che lo circondano. Le dicerie e le leggende contribuiscono a costruire la sua immagine pubblica.
Gheddafi in fondo è stato anche ingenuo. Come tutti coloro che si credono al centro di una profezia, pensava di essere un eletto. Come uomo politico, sapeva che il suo era un Paese molto ricco capace di scatenare enormi appetiti. Ha quindi cercato di giocare con l’ingordigia degli altri. Non è stato ucciso perché fosse un tiranno, in fondo lo era da quarant’anni e nessuno aveva mai provato a eliminarlo veramente, al massimo avevano cercato di spaventarlo. È stato eliminato perché ha voluto tenere per sé le ricchezze del Paese, e non ha mantenuto le promesse fatte. Così gli hanno fatto pagare il conto. Prima malgrado il terrorismo e la sua politica destabilizzante, lo avevano riabilitato, perdonato, e accolto con tutti gli onori. Quando hanno scoperto che non era intenzionato a dare quanto promesso, si sono vendicati.

 

Alla sua morte il Paese è sprofondato nel baratro. La Libia ha sempre avuto una struttura tribale e Gheddafi era l’unico collante che la tenesse insieme. Le tribù covavano rancori secolari con una storia di guerre fratricide, vendette e razzie. Il Rais era riuscito a riunirle e farne una nazione omogenea. Aveva saputo creare un ideale comune, ma le divisioni non erano mai del tutto scomparse. Il Paese taceva perché messo sotto una camicia di forza che reprimeva qualsiasi forma di contestazione.

 

Yasmina Khadra è lo pseudonimo femminile di Mohammed Moulessehoul (10 gennaio 1955), uno scrittore algerino. Membro dell’esercito fu testimone diretto della sanguinosa guerra civile che devastò l’Algeria per oltre un decennio. Fu costretto per motivi di censura a usare lo pseudonimo femminile di Yasmina Khadra. Ha esordito come scrittore nel 1998 con il romanzo Morituri, seguito poco dopo da “Doppio bianco”, che lo hanno fatto conoscere prima in Francia, dove si è autoesiliato, e poi in tutto il mondo. Il genere utilizzato è di stampo poliziesco, ma il suo è solo un pretesto per penetrare nei meandri della società algerina, sempre in bilico tra un fondamentalismo feroce e una classe politica altrettanto spietata, dimentica da tempo dei valori della rivoluzione indipendentista che l’ha generata.

 

(C.S.)

Su Redazione

Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Claudio Cabona, Giovanna Ghiglione e Giulio Oglietti. Le foto sono a cura di Emilio Scappini. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela Biagini

Devi essere loggato per postare un commento Accedi

Lascia un commento