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TULLIO SOLENGHI: «NEI MANEGGI RIPORTO IN VITA UNA MASCHERA DEL TEATRO»
L’attore genovese si racconta alla vigilia del debutto all’Ivo Chiesa di un classico della commedia goviana: «Interpretare Govi è il coronamento di un sogno. Riproporre un’altra sua commedia in futuro? Non lo escludo»
GENOVA – Per qualche istante, a chi l’ha già visto a teatro, è sembrato davvero di avere di fronte Gilberto Govi. Sul palco di un teatro, truccato come l’attore genovese, con la stessa identica ambientazione di un tempo: una stanza con la tappezzeria alle pareti e i colori dominanti, il bianco e il nero, che fanno da sfondo. E poi la mimica, la gestualità, il timbro delle voce. Tullio Solenghi, affiancato da Elisabetta Pozzi nei panni di Giggia, dopo il successo clamoroso riscosso quest’estate al Teatro Sociale di Camogli e ai Parchi di Nervi, riporta “in vita” I Maneggi per maritare una figlia, un classico del repertorio goviano in programma al Teatro Ivo Chiesa per il Teatro Nazionale dal 20 al 31 dicembre 2022 (tranne sabato 24 e domenica 25). Coproduzione fra il teatro levantino, il Teatro Nazionale di Genova e il Centro Teatrale Bresciano, scritto da Nicolò Bacigalupo, lo spettacolo rievoca un’icona teatrale genovese. Un regalo d Natale anticipato per tutti i genovesi che hanno amato «una maschera inimitabile del teatro», come lo stesso Solenghi definisce. Il cast è completato da Roberto Alinghieri (Venanzio e assistente alla regia), Stefania Pepe, Laura Repetto, Isabella Loi, Federico Pasquali, Pier Luigi Pasino, Riccardo Livermore.
Tullio Solenghi, il pubblico cosa dovrà attendersi dai suoi “manezzi”? Un’imitazione o un clone di Govi?
Assolutamente un clone, imitare Govi non è possibile per qualunque attore. Vestire i suoi panni a teatro è come partecipare ad un rito collettivo: Sali sul palco e senti il pubblico che anticipa le battute. È una sensazione bellissima per un attore perché si crea un’empatia straordinaria con gli spettatori, sinceramente difficile da descrivere.
Da attore genovese, che significato assume interpretare una maschera come quella di Govi?
È sempre un grandissimo rischio, ma è necessario farlo senza trascurare nulla, a cominciare dalla sua espressività facciale. Non valorizzarla sarebbe come vestire i panni di Arlecchino senza l’abito estroso e la sua tipica maschera. Perché Govi è proprio quello, una maschera del teatro. Quelli della mia generazione l’hanno sempre considerato un’icona, arrivare a fare la sua parte è come coronare un sogno coltivato sin da bambino.
C’è qualche aneddoto personale che lega Solenghi a Govi?
Sembra una favola, ma è un racconto di vita vera: ero ragazzino e un giorno, mentre stavo giocando a pallone con gli amici a Sant’Ilario, arrivò la notizia che Govi stava pranzando con la moglie Rina al ristorante Lillo, per noi ragazzi era l’“uomo famoso che in tv ci faceva ridere”. Ci precipitammo per conoscerlo. Era insieme alla moglie, fu cordialissimo e ci donò un momento speciale: fece un autografo su un tovagliolino di carta con uno schizzo del suo volto. Quel regalo purtroppo è andato smarrito, ma la sensazione provata per quell’incontro inatteso fu bellissima.
Perché ha scelto I Manezzi tra tutte le commedie goviane?
Perché rispetto ad altre, penso ad esempio a Pignasecca e Pignaverde o a Colpi di Timone, nei Maneggi c’è tutto il repertorio di Govi. Recitare al fianco di un’attrice straordinaria come Elisabetta (Pozzi, n.d.r.) rende poi tutto più semplice. Se porteremo a teatro un’altra commedia goviana? La voglia c’è e non è detto che non capiti. Godiamoci però il successo del presente.
Chi a Camogli quest’estate ha assistito allo spettacolo è rimasto impressionato anche dalla cura del trucco e dall’ambientazione. Qual è il segreto?
La scenografia è di Davide Livermore (direttore del Teatro Nazionale di Genova, n.d.r.) che è riuscito a restituire abilmente il clima nel quale si muoveva Govi. Il trucco è a cura di Bruna Calvaresi, una vera maestra nella sua professione. Prima di ogni spettacolo mi sottopongo a circa un’ora e mezza di trucco ma è un sacrificio che vale la pena fare. E il risultato è straordinario.
Altri progetti teatrali o televisivi in programma?
Sto portando in giro per l’Italia, con tappe a Milano e a Roma, lo spettacolo Dio è morto e neanche io mi sento tanto bene in cui rileggo alcuni esilaranti brani tratti dai libri di Woody Allen. E il prossimo anno torno sul palco con Massimo Lopez con le repliche del nostro show dopo il successo riscosso in questi anni.
Su Tomaso Torre
Giornalista pubblicista dal 2003, è fondatore e direttore responsabile di GOA Magazine. Appassionato di arte, cultura e spettacoli ha collaborato per anni con diverse testate locali occupandosi di cronaca ed attualità, sport e tempo libero. “Ho sempre coltivato il sogno di realizzare un prodotto editoriale dinamico e fluido che potesse rispondere alle esigenze informative di un pubblico sempre più competente ed avanguardista”.Messaggi correlati
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