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Una giustizia irraggiungibile e la ricerca della propria identità: al Teatro Duse va in scena “Creatura di sabbia”
GENOVA – Al Teatro Duse va in scena “Creatura di sabbia”, un riadattamento di Daniela Ardini e Raffaella Azim: tratto dall’omonimo romanzo e da “Notte fatale” di Tahar Ben Jelloun, l’opera narra di un percorso alla ricerca della propria identità, repressa e negata, tra violenza e vita.
In questi due romanzi che raccontano la storia di una fanciulla costretta dal padre a vivere in un corpo non suo, Tahar Ben Jelloun riesce a sintetizzare l’atmosfera delle Mille e una notte e la denuncia sociale, con un registro linguistico che prende dalla poesia e dalla novellistica araba, da Borges, ma anche da Genet, e non dimentica i classici della letteratura occidentale: Shakespeare e Cervantes.
« In questo mondo si muove Mohamed/Zahra, cresciuta come uomo dal padre dopo la nascita di sette figlie femmine. La necessità di conservare il patrimonio famigliare assumendo il ruolo di capofamiglia porta Mohamed ad allontanarsi sempre di più dalle sorelle e a scegliere il paradosso di un matrimonio con la cugina, figlia dello zio al quale, secondo la legge coranica, alla morte del padre, sarebbe andata la parte principale dell’eredità.
Nella notte fatale in cui il padre di Mohamed muore, finalmente la fanciulla nascosta in un altro corpo riesce a liberarsi. Da qui ha inizio per lei un lento percorso per riappropriarsi della propria identità: attraverso vicende estreme che la portano ad essere esibita come un fenomeno da baraccone per il volto con la barba e i piccoli seni, a subire violenza, a costruire un singolare rapporto d’amore con un cieco, il Console, a diventare un’assassina e poi una Santa, la Santa delle sabbie.
La sabbia che costruisce diverse forme trasportata dal vento è l’immagine che sintetizza l’opera e il nostro lavoro, grazie alle invenzioni scenografiche di Giorgio Panni e Giacomo Rigalza, un deserto che si fa vita, vita vera e finzione letteraria, perché in questi romanzi non c’è cesura tra la realtà e la finzione, i due mondi si mescolano mirabilmente attraverso i diari scritti dal/la protagonista. La regia gioca su un registro onirico che violentemente si fa reale, bruciante atto di denuncia sui temi principali: il ruolo della donna, l’infibulazione ancora così diffusa nel mondo, la giustizia.
Mohamed/Zahra è contemporaneamente l’uomo consapevole delle ingiustizie, la donna consapevole del suo ruolo, entrambi anelano ad una giustizia che sembra irraggiungibile.
Ma su temi così attuali il tono è quello sussurrato della favola.
Con Raffaella Azim sedimentiamo da lungo tempo questi temi: si può dire che i testi di Tahar Ben Jelloun siano per noi un costante work in progress, tante sono le anime in essi contenute. La prima edizione fu nel 1998 per il Festival della Magna Grecia di Taranto, ne seguì un’altra nel 2013 per il Festival di Nora, ed ora questa. Continuiamo a sentire l’urgenza di raccontare, con i nostri strumenti che sono quelli semplici del teatro, una storia bellissima – raccontata originariamente da un uomo che è uno dei più importanti scrittori del Mediterraneo – che vuole essere un monito.»Daniela Ardini
DAL 16 AL 19 DICEMBRE
Raffaella Azim, dopo l’esordio con Franco Parenti nel Macbetto di Testori, è stata protagonista in spettacoli di Giancarlo Sbragia, Luca Ronconi, Lina Wertmuller, Gabriele Lavia fra gli altri. È stata protagonista femminile con Carlo Cecchi de Ritorno a casa e La serra di H. Pinter. Con Lunaria Teatro ha interpretato Creatura di sabbia dai romanzi di Tahar Ben Jelloun, la poetessa Marina Cvetaeva di Vico Faggi e La lunga vita di Marianna Ucria dal romanzo di Dacia Maraini.
Tahar Ben Jelloun, nato a Fès in Marocco, nel 1971 si trasferisce a Parigi dove si laurea in sociologia. Poeta, romanziere e giornalista, è noto per i suoi romanzi e per i suoi articoli di politica internazionale, in cui interviene sui problemi della società, con particolare interesse per le periferie urbane e il razzismo. Già insignito del Premio Goncourt e del Premio Flaiano, ha anche ottenuto il Global Tolerance Award dal segretario delle Nazioni Unite per “Il razzismo spiegato a mia figlia”. In molti suoi romanzi riporta racconti, leggende, riti dell’area del Maghreb africano.
Su Redazione
Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Claudio Cabona, Giovanna Ghiglione e Giulio Oglietti. Le foto sono a cura di Emilio Scappini. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela BiaginiUltime Notizie
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