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A Teatro Sala Mercato atterra “Sputnik Sweetheart”: un viaggio nel mondo inafferrabile di Murakami. La recensione
di Sara Debiaggi
GENOVA – Martedì 16 dicembre, alla Sala Mercato del Teatro Modena, è andata in scena la prima nazionale di “Sputnik Sweetheart”, nuova produzione del Teatro Nazionale di Genova, tratta dall’omonimo romanzo di Haruki Murakami. L’adattamento – che segna anche l’esordio alla regia di Francesco Biagetti – nasce dal lavoro di un gruppo di interpreti formatisi alla Scuola di Recitazione “Mariangela Melato” e porta in scena una storia di desideri inafferrabili e amori irrealizzabili mantenendo intatta l’ambiguità del testo originale.
La sensazione, sin dai primi minuti, è che Francesco Biagetti abbia scelto una strada molto precisa: non rileggere Murakami, non frammentarlo per renderlo più accessibile, ma restare fedele alla trama del romanzo. Una scelta stilistica che accetta il rischio di portare in scena una storia sfuggente, senza cercare spiegazioni forzate.
La scenografia è essenziale: nel retropalco restano uno scivolo e una cabina telefonica, che diventa il vero centro narrativo dello spettacolo. È lì che tutte le voci e le storie si intrecciano senza mai risolversi davvero.
K (Davide Niccolini), insegnante e narratore, dialoga costantemente con Sumire (Federica Trovato), aspirante scrittrice attraversata da una dicotomia continua tra vitalità e senso di solitudine. Parlano mentre la vita di entrambi va avanti altrove: Sumire si lascia travolgere dall’amore per Myu (Bianca Mei), donna sposata e irraggiungibile, mentre K si ritrova coinvolto in una relazione con Nimura (Nicoletta Cifariello), una donna che sembra cercare in lui, allo stesso tempo, un amore passionale e un’ancora di salvezza per sfuggire a una relazione ormai fallimentare. Tutto procede in parallelo, come se il tempo fosse dilatato e come se ogni cosa accadesse nello stesso momento.
Questa sensazione è rafforzata dal fatto che i personaggi ruotano continuamente gli uni attorno agli altri, restando sempre presenti sul palco. Nessuno entra o esce davvero dalla storia: tutti orbitano nello stesso spazio, si osservano, si influenzano a vicenda, come se le loro esperienze emotive fossero costantemente legate. La scelta della Sala Mercato amplifica questa vicinanza con il pubblico, creando una condivisione dello spazio e della storia che rende facile riconoscersi nella tensione che attraversa la scena. All’interno di questo flusso si alternano momenti di ironia, capaci di alleggerire l’atmosfera e far reagire il pubblico, e momenti di pathos profondo. Il racconto del trauma di Myu e l’urlo di Sumire, nel momento in cui comprende di non essere ricambiata, arrivano in modo diretto e crudo, senza essere mai teatralizzati o spettacolarizzati.
Un elemento particolarmente disturbante è l’uso delle maschere, indossate dagli attori quando non recitano il proprio personaggio. Maschere feline, che richiamano il mondo animale di Murakami e restituiscono un costante senso di osservazione e giudizio. Quelle presenze silenziose sembrano guardare dall’esterno, ma allo stesso tempo funzionano come uno specchio: è come se i personaggi, e forse anche lo spettatore, fossero costretti a guardarsi da fuori, senza possibilità di sottrarsi.
La vera chiave di lettura dello spettacolo arriva sul finale, con la figura più concreta e apparentemente fuori posto: l’inserviente (Alfonso Pedone). L’episodio del furto commesso da un bambino spezza il clima sospeso e riporta tutto a una dimensione reale e quotidiana. In questo passaggio, K prova a dare un senso a ciò che è accaduto ma, dopo questo tentativo di razionalizzazione, lo spettacolo torna di nuovo nell’immaginario murakamiano, al ricontatto tra K e Sumire, che non offre una risoluzione ma lascia spazio all’attesa e all’immaginazione.
La conclusione torna così a un’immagine già evocata. Sumire parla di sacrificio, di quella metafora brutale che Murakami affida al mondo animale: tagliare la gola a un cane per potersi elevare ed evolvere. Sputnik Sweetheart si chiude fedele all’autore proprio in questo, ricordandoci che per diventare qualcosa è sempre necessario rinunciare a qualcos’altro.
In concomitanza con lo spettacolo, il Teatro Nazionale di Genova ha costruito un progetto culturale che dialoga con la città e con l’immaginario giapponese di Murakami. Nel foyer della Sala Mercato è allestita un’esposizione di quattro opere del Museo d’Arte Orientale E. Chiossone, datate tra il 1814 e il 1869, dedicate alle figure e agli attori del teatro giapponese dell’Ottocento. La mostra anticipa il più ampio progetto espositivo previsto per il 2026, rafforzando il legame tra la produzione teatrale e il patrimonio culturale della città.
Durante il periodo di programmazione di Sputnik Sweetheart è inoltre attiva una promozione incrociata: presentando il biglietto dello spettacolo è possibile accedere gratuitamente al Museo Chiossone, mentre chi visita il museo può usufruire di una riduzione sul biglietto teatrale, creando un percorso condiviso tra scena e spazio espositivo.
“Sputnik Sweetheart” è in scena alla Sala Mercato fino a martedì 23 dicembre: martedì, mercoledì e venerdì alle 20.30; giovedì e sabato alle 19.30; domenica 21 dicembre alle 16.00.
Crediti
Sputnik Sweetheart
di Haruki Murakami, traduzione Giorgio Amitrano
adattamento Francesco Biagetti, Alfonso Pedone
Produzione Teatro Nazionale di Genova
Regia Francesco Biagetti
Interpreti
Nicoletta Cifariello (Nimura), Bianca Mei (Myu), Davide Niccolini (K),
Alfonso Pedone (Nakamura), Federica Trovato (Sumire)
Scene Lorenzo Russo Rainaldi
Costumi Lorenzo Rostagno
Luci Francesco Traverso
Musiche Daniele D’Angelo
Consulenza ai movimenti scenici Claudia Monti
Regista assistente Dalila Toscanelli
Su Redazione
Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela BiaginiUltime Notizie
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