VIAGGIO NELL’ANIMA SEGRETA DI GENOVA: GUIDA AI PALAZZI DEI ROLLI ESCLUSI DALLA LISTA UNESCO

Di il 18 Gennaio 2024

Tra le strade e le piazze della città si celano dei veri e propri tesori architettonici, lontani dalle luci dei riflettori internazionali. Ma quali sono questi edifici e, soprattutto, con quali criteri di valutazione sono stati o meno selezionati dall’UNESCO? Di seguito dieci strutture genovesi che non fanno parte del Patrimonio dell’Umanità ma che attendono di brillare sulla scena mondiale e di essere riscoperti

di Alessia Spinola

GENOVA – Tra le strade e le piazze di Genova si celano dei veri e propri tesori architettonici, spesso nell’ombra, lontani dalle luci dei riflettori internazionali. I Palazzi dei Rolli, nonostante la loro fama e inclusione nella lista UNESCO, comprendono strutture che sfuggono al pubblico comune e che non sono state incluse nella lista del Patrimonio dell’Umanità, seppur anch’esse dotate di grande fascino. In occasione del debutto dell’edizione invernale dei Rolli Days che avrà luogo dal 19 al 21 gennaio, ecco una guida di alcuni palazzi che attendono di brillare sulla scena mondiale e che meritano di essere riscoperti e apprezzati.

Il 13 luglio 2006, la speciale commissione UNESCO riunita a Vilnius (Lituania) inserì fra i siti Patrimonio dell’Umanità quarantadue dei centosessantatré palazzi iscritti almeno in una delle cinque liste ufficiali della Repubblica di Genova. Da allora non sono più cambiati.

Palazzi dei Rolli diventati sito dell’UNESCO sono stati selezionati in base a due criteri: aver esercitato un’influenza considerevole sugli sviluppi nel campo dell’architettura e degli insediamenti urbani e per rappresentare ancora oggi un esempio straordinario di insieme architettonico che illustra un periodo significativo della storia dell’umanità.

Il 20 gennaio 2007 fu posta dall’UNESCO a metà di via Garibaldi una targa con la motivazione:

«Le maggiori dimore, varie per forma e distribuzione, erano sorteggiate in liste ufficiali (rolli) per ospitare le visite di Stato. I palazzi, spesso eretti su suolo declive, articolati in sequenza atrio – cortile – scalone – giardino e ricchi di decorazioni interne, esprimono una singolare identità sociale ed economica che inaugura l’architettura urbana di età moderna in Europa»

PALAZZO OTTAVIO IMPERIALE

Piazza Campetto, 2

Nel cuore pulsante di Genova, più precisamente in piazza Campetto, si erge Palazzo Ottavio Imperiale, oggi sede di un grande magazzino. L’edificio fu costruito da Jacopo De Aggio tra il 1586 e il 1589 per Ottavio Imperiale e già prima del termine dei lavori, nel 1588, fu inserito nella lista dei palazzi iscritti ai Rolli di Genova. La struttura venne poi acquistata da Ottavio Sauli e rappresentata nel volume “Palazzi di Genova” di Rubens con tre tavole e l’indicazione “Palazzo del sig. Ottavio Sauli”. In seguito l’abitazione fu arricchita da opere di diversi artisti, come Domenico Piola, Filippo Parodi e Domenico Guidobono.

Pianta di melograno di Palazzo Ottavio Imperiale

Durante il XIX secolo il palazzo ereditò il suo nome ufficiale, ma già nel Seicento era conosciuto come “Palazzo del Melograno“, nome spesso utilizzato anche oggi per identificarlo. Il nome deriva dal melograno che cresce sul frontone del portone d’ingresso. Tutto ebbe inizio quando, per caso, un seme di melograno finì tra il balcone del primo piano e il frontone del portone, fino a crescere e diventare la pianta visibile ancora oggi. Secondo un’antica profezia le sorti di Genova sarebbero legate ad essa: finché la pianta di Palazzo Imperiale continuerà a fiorire, Genova prospererà, quando invece morirà, anche la città vedrà la sua fine.

PALAZZO GIULIO PALLAVICINI

Piazza De Ferrari, 2

Costruito nel 1586 per Giulio Pallavicini, il palazzo compare una sola volta nei Rolli di Genova, nel 1599. L’edificio venne realizzato sul lotto della casa di Barbara Usodimare, tagliata in due per aprire una comunicazione diretta tra le piazze di San Matteo e San Domenico nel 1586. 

Nella ristrutturazione recente il palazzo risulta più trasformato: l’antico scalone sopravvive sino al primo piano. In salita di San Matteo, sotto palazzo Pallavicini, appare un portico medievale a tre fornici con colonne in marmo recanti l’arme dei Doria con aquila imperiale.

Facciata di Palazzo Giulio Pallavicini

Oggi nel palazzo di Piazza De Ferrari si trova il Registro delle imprese e la maggior parte dei servizi al pubblico della Camera di Commercio.

PALAZZO NICOLÒ LOMELLINI

Piazza della Nunziata, 5

Noto anche come Palazzo Lauro, l’edificio fu fondato da Nicolò Lomellini ed è indicato tra i palazzi più superbi del 1797 a nome di Giuseppe Lomellini, che poco dopo lo cederà al marchese Giacomo Durazzo. Nel XIX secolo si registrano numerosi passaggi di proprietà tra le famiglie Durazzo e De Mari.

Palazzo Nicolò Lomellini

Il nuovo proprietario Achille Lauro nel 1949 avviò un restauro dell’edificio con corrispettive eventuali ricostruzioni in seguito ai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Venne conservata la facciata originale sulla piazza, mentre la volta a ombrello del nuovo atrio fu abbellita da un affresco con angeli e architetture a sfondato prospettico di Francesco Campora. Le pareti delle scalone che giunge fino all’ultimo piano sono caratterizzate dalle rappresentazioni delle quattro Repubbliche marinare (Genova, Venezia, Pisa ed Amalfi), ed Achille Lauro viene raffigurato come Nettuno.

PALAZZO LERCARI-SPINOLA

Via degli Orefici, 7

In via degli Orefici 7 sorge il palazzo edificato dai Lercari nella seconda metà del XVI secolo e appartenente ai Rolli a partire dal 1576, come casa di Gio. Batta Lercari.

Il palazzo passò poi di proprietà alla famiglia Spinola. Alizeri ne ricordò gli affreschi del primo piano con “Storie di Psiche“, attribuite ai Semino, insieme alle prospettive e allegorie del piano superiore, oltre al maestoso portale ad arco con telamoni che ricorda i modi di Della Porta o di Vassalli. Nella facciata si trova una ricchezza inaspettata: il portone a fasce bicrome con sovrapposta cornice di beccatelli floreali e delicate trifore, importanti segnali di un passato medievale non del tutto perduto.

Portone di Palazzo Lercari-Spinola

L’edificio oggi ospita uffici e appartamenti.

PALAZZO JACOPO SPINOLA

Via della Posta Vecchia, 16

Il palazzo fu formalmente ritenuto compiuto dopo l’unione con due case medievali, voluta da Jacopo Spinola intorno al 1531. L’edificio però andò un po’ in decadenza, infatti mancò nel “Rollo” del 1614 e nel 1624 passò per asta pubblica a Stefano De Nigro, mentre nel 1756 Martino De Martini gli restituì un momento di fortuna.

“Trionfo degli Spinola”, Palazzo Jacopo Spinola

Tuttavia, il palazzo custodisce una grande nobiltà e ricchezza: da un portale interno in pietra nera, con medaglioni imperiali, si raggiunge lo scalone con volte a stella, sul quale si affacciano ai diversi ballatoi altri portali in pietra nera con stipiti e architravi decorati. Di questa struttura è celebre il portale esterno di marmo di Pace Gagini, con stipiti a candelabri e sopraporta che raffigura il “Trionfo della famiglia Spinola“,  “gemello” de “Il Trionfo dei Doria” in via David Chiossone.

PALAZZO NICOLÒ SPINOLA DI LUCCOLI

Via Luccoli, 23

L’edificio è conosciuto anche come Palazzo del Marchese Stefano Franzone ed è situato in via Luccoli, più precisamente nella zona del Mercato di Soziglia. Degne di nota in questa struttura sono l’architettura, la decorazione della facciata e gli affreschi di Domenico Parodi in alcune sale interne che ne fanno un rilevante esempio di Barocco genovese.

Palazzo Nicolò Spinola di Luccoli

Quando la costruzione fu assimilata alle più ricche della città era di proprietà di Daniele Spinola, figlio di Nicolò Spinola marchese di Vergagni, e dominava quella che fu la “piazza dei De Mari”, oggi piazza Luccoli. Tommaso Franzone lo acquistò nel 1606 e in seguito l’edificio venne sopraelevato e modificato internamente, con le facciate adornate a stucco. È compreso nell’edizione del 1622 dei “Palazzi di Genova” di Pieter Paul Rubens, come “Palazzo del sig. Daniel Spinola”.

D’importanza sono anche gli affreschi, di cui due a firma di Domenico Parodi (uno dedicato a Laura e Petrarca) che rendevano il palazzo degno di menzione nelle guide dell’Ottocento. Nelle sale interne sono conservati gli affreschi con “Allegorie della poesia petrarchesca” e “Apollo e le Muse”, capolavori tardobarocchi realizzati attorno al 1710 da Domenico Parodi.

PALAZZO DORIA-CENTURIONE

Vico Doria, 1

Palazzo Doria-Centurione

Appartenuto al Branca Doria che s’incontra nel penultimo canto dell’Inferno di Dante Alighieri, il palazzo è presente una sola volta nei Rolli a nome di Gio. Batta e Gio. Stefano Doria nel 1599. L’edificio è ritenuto il più antico fra quelli accanto a Piazza San Matteo.

Passato ai marchesi Centurione e infine alla curia arcivescovile genovese, dopo la seconda guerra mondiale sono state restaurate le facciate su piazza San Matteo, mettendo in luce il portico romanico con pilastri ottagonali e archi a doppia ghiera. Oggi è destinato a uffici.

Proprio a Branca Doria è legata una storia “soprannaturale”: c’è chi racconta che ancora oggi il suo fantasma si aggiri nella piazza di San Matteo. Testimoni affermano di aver visto lo spettro vagare con le mani insanguinate tra le colonne della chiesa, per poi scomparire dopo essersi appoggiato a una di esse, che avrebbe eletto come suo domicilio, lasciandoci sopra delle macchie di sangue come testimonianza del suo passaggio.

Sulla sinistra, la colonna rossa segnata dal passaggio di Doria

PALAZZO BERNARDO E GIUDEPPE DE FRANCHI

Piazza della Posta Vecchia, 2

Importante sede del Partito Socialista Italiano dal 1952 al 2003, le diverse proprietà dell’area furono acquistate da Bernardo e Giuseppe De Franchi Toso che nel 1563 ordinarono i lavori di costruzione del palazzo che ospiterà Gerolamo De Franchi Toso, doge della Repubblica di Genova dal 1581 al 1583. Apparterrà alla famiglia fino al 1818.

Affresco di Domenico Fiasella

Il palazzo, però, ebbe gravi danni alle decorazioni interne dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Oggi sono ammirabili due saloni monumentali con gli affreschi di Bernardo Castello, “Scene della Gerusalemme liberata”, e di Domenico Fiasella, “Sansone che stermina i Filistei”. Gli affreschi del Castello furono eseguiti nel primo decennio del Seicento, dopo che il pittore, che aveva lo studio nella stessa piazza della Posta, aveva illustrato l’edizione genovese della “Gerusalemme Liberata” del 1590.

PALAZZO DI MARCANTONIO SAULI

Via San Bernardo, 19

Il palazzo fu costruito nella seconda metà del XVI secolo da Marcantonio Sauli, su preesistenze medievali degli Zaccaria, famiglia di grande ruolo in cui spicca la vita avventurosa di Benedetto Soprani. Nella lunga narrazione della vita di Marcantonio, cui dedica il libro, afferma che nel palazzo “fu trovata l’insigne reliquia della Vera Croce“, cioè della croce bizantina portata dagli Zaccaria a Genova, oggi custodita nel Museo del tesoro della cattedrale di San Lorenzo, con cui si benediceva il doge dopo l’elezione.

Dettaglio della facciata del Palazzo Marcantonio Sauli

Tracce medievali sono ancora presenti in facciata: i conci in pietra nera e marmo, gli archetti ogivali pensili, le polifore tamponate al primo piano, l’arco a sesto ribassato e la bifora gotica in marmo bianco al piano terra.

PALAZZO CENTURIONE-GAVOTTI

Via San Lorenzo, 5

Palazzo Centurione-Gavotti

Ricostruito nel XVII secolo dai Centurione, il palazzo fu citato una sola volta nei Rolli di Genova con Giovanni Battista Centurione, doge della Repubblica di Genova nel biennio 1658-1660.

Al letterato e patriota Lorenzo Costa si deve la grande loggia neoclassica e il fregio, commissionato nel 1860 a Santo Varni in ricordo del discorso che nel 1746 Giacomo Lomellini rivolse da Palazzo Ducale al popolo in rivolta durante la guerra di successione austriaca. Un ponte scavalca, a sud, lo storico quadrivio e collega il palazzo ad una terrazza ricavata su un’area retrostante, rallegrata da un berceau e da un ninfeo con statua di Venere.

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Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Claudio Cabona, Giovanna Ghiglione e Giulio Oglietti. Le foto sono a cura di Emilio Scappini. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela Biagini

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