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STORIA E ORIGINE DEI TERRARI: DALLA CASSETTA DI WARD AI NOSTRI GIORNI

La prima puntata della rubrica “L’Angolo di Martina” è dedicata alla genesi delle piante in miniatura. Fu una casualità ad ispirarne nascita, crescita e mantenimento
di Martina Gallini
GENOVA – Benedetto Croce sosteneva che “i proverbi costituissero il momento parlato del genere umano”. Alessandro Manzoni nel V capitolo de “I Promessi Sposi”, affresco della letteratura italiana, scriveva “come i proverbi fossero la sapienza del genere umano”. E fu proprio un proverbio (“Il caso favorisce solo quelli che lo corteggiano”, Charles Nicolle) ad ispirare probabilmente una trovata destinata a cambiare metodo di lavorazione, cura e mantenimento delle piante all’interno dei terrari.
Dopo la scoperta dell’America nel 1492 le spedizioni per mare risultarono sempre più frequenti. Con gravi conseguenze per le piante che molti commercianti tentarono di trasportare da un continente all’altro. I lunghi viaggi, l’eccessiva presenza di salsedine nelle stive e le condizioni di umidità erano spesso le concause della morte di qualunque specie vegetale si tentasse di trasferire. Fece storia, ad esempio, nel 1749 la vicenda dell’equipaggio del Bounty che per le scarse razioni di acqua decise di ammutinarsi per garantire la sopravvivenza delle 200 piante presenti sul veliero.
La vera svolta, però, si ebbe soltanto a metà Ottocento per merito di un medico anglosassone, Nathanial Bagshaw Ward. Nel 1829 la sua passione per la botanica lo portò alla scoperta accidentale della crescita di una felce e di un filo d’erba in un contenitore di vetro, insieme a delle muffe e ad un bozzolo di farfalla.
Ward si rese conto che queste condizioni erano in definitiva ideali per la crescita e il trasporto sicuro delle piante. Successivamente, fece ulteriori esperimenti e registrò i suoi risultati in un libro del 1842 sull’evoluzione delle piante in contenitori di vetro.
Le nuove teche di vetro potevano essere tenute sul ponte della nave, permettendo alle piante di ricevere la luce del sole. Questi contenitori, appositamente progettati in vetro e legno, proteggevano le piante dall’acqua salata e, allo stesso tempo, permettevano all’umidità contenuta al loro interno di mantenerle vive. Nacque così una nuova frontiera della botanica che diede vita, a forza di perfezionamenti ed esperimenti continui, allo sviluppo e mantenimento degli amati terrari, un giardino in miniatura che come sottolineava lo stesso Ward, “contribuiva notevolmente al sollievo dei bisogni fisici e morali di popolazioni densamente affollate nelle grandi città”.
Da quel momento l’esperimento permise a botanici e orticoltori di trasferire in sicurezza piante di ogni specie da un capo all’altro del globo favorendone la produzione e lo sviluppo del commercio. E di trovare un habitat naturale per le proprie piante in miniatura.
Prossima puntata: COME COMPORRE UN TERRARIO
(continua…)

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Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Claudio Cabona, Giovanna Ghiglione e Giulio Oglietti. Le foto sono a cura di Emilio Scappini. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela BiaginiMessaggi correlati
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