“SABINE WEISS. LA POESIA DELL’ISTANTE”: AL DUCALE LA MOSTRA CHE RACCONTA LA PIÙ IMPORTANTE FOTOGRAFA UMANISTA DEL DOPOGUERRA

Di il 17 Novembre 2022

Dai reportage ai ritratti di artisti, dalla moda agli scatti di strada con particolare attenzione ai bambini: «Sabine era divorata dalla curiosità» spiega la curatrice, e l’esposizione visitabile dal 18 novembre al 12 marzo 2023 alla Loggia degli Abati lo dimostra

GENOVA – «Luce, gesto, sguardo, movimento, silenzio, tensione, riposo […]. Vorrei racchiudere tutto in questo momento per esprimere l’essenziale dell’uomo con il minimo di mezzi» così dichiarava la grande fotografa umanista cui è dedicata la nuova mostra a Palazzo Ducale, Sabine Weiss. La poesia dell’istante. Quella nelle sale della Loggia degli Abati è un’esposizione retrospettiva completa dell’artista, che ha curato in persona nei minimi dettagli fino all’anno scorso, quando si è spenta all’età di 97 anni.

A raccontare la sua lunga e prolifica carriera dagli esordi nel 1935 agli anni 2000 sono oltre 200 fotografie, esposte dal 18 novembre 2022 al 12 marzo 2023, grazie ad una mostra realizzata da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e Tre Oci con Marsilio Arte, prodotta da Atelier Sabine Weiss – Laure Delloye Augustins, con il sostegno di Jeu de Paume del Festival internazionale Les Rencontres de la photographie d’Arles e Photo Elysée sotto l’alto patronato del Consolato generale di Svizzera a Milano.

La direttrice di Palazzo Ducale Serena Bertolucci e la curatrice di Sabine Weiss. La poesia dell’istante Virginie Chardin presentano la mostra (©Elisa Morando)

Unica donna fotografa all’interno di un gruppo di uomini, i fotografi umanisti francesi. Sabine Weiss ha raccontato spesso la difficoltà di affermarsi come fotografa e ancora più come fotoreporter in un mondo in cui la donna non veniva considerata. Ma lei era tenace, testarda, consapevole del suo talento, e non ha mai smesso di girare per le strade con la sua macchina fotografica e raccontare la Parigi del dopoguerra attraverso i suoi occhi. «Organizzare questa mostra è stata un’occasione per mettere a confronto due scuole – spiega Denis Curti, curatore di Tre Oci – quella neorealista italiana e quella umanista francese. Gli italiani hanno partecipato in modo diverso alla guerra e si sente nelle loro immagini un senso di colpa. Nella fotografia umanista francese c’è una diversa idea di estetica, una volontà di ricostruire la bellezza e di stare insieme. Nel far questo Sabine Weiss è stata parte di una “squadra”, quella dei più grandi fotografi francesi del dopoguerra, costituita da Robert Doisneau, Willy Ronis, Edouard Boubat, Brassaï e Izis».

«Sabine Weiss era affamata di fotografia – afferma la curatrice della mostra Virginie Chardin – ha sempre lavorato nel settore, iniziando a coltivare la sua passione a 18 anni. Era talmente presa dalla pratica quotidiana del fotografare che solo dieci anni fa ha messo ordine ai suoi archivi e ha creato quello che è un monumento di testimonianza. Ha lavorato fino all’ultimo, con grande entusiasmo, e ha curato ogni aspetto di questa mostra, dagli scatti, al titolo e le didascalie. Questa grande selezione penso che riesca a riportarci la sua visione del mondo e il suo modo di vedere la fotografia».

Una delle fotografie esposte alla mostra Sabine Weiss. La poesia dell’istante (©Elisa Morando)

Come testimoniano in mostra le foto dei bambini e dei passanti, fin dall’inizio, Sabine Weiss dirige il suo obiettivo sui corpi e sui gesti, immortalando emozioni e sentimenti. È un approccio dal quale non si discosterà mai, come si evince dalle sue parole: «Per essere potente, una fotografia deve parlarci di un aspetto della condizione umana, farci sentire l’emozione che il fotografo ha provato di fronte al suo soggetto».

Nata Weber a Saint-Gingolph, in Svizzera, il 23 luglio 1924, Sabine, che prenderà il cognome del marito, il pittore americano Hugh Weiss (Philadelphia, 1925 – Parigi, 2007), si avvicina alla fotografia in giovane età. Compie l’apprendistato presso i Boissonnas, una dinastia di fotografi che lavorano a Ginevra dalla fine del XIX secolo. Nel 1946 lascia Ginevra per Parigi e diviene l’assistente di Willy Maywald, fotografo tedesco specializzato in moda e ritratti. Quando sposa Hugh, nel 1950, intraprende la carriera di fotografa indipendente. Insieme, si trasferiscono in un piccolo studio parigino e frequentano la scena artistica del dopoguerra.

Uno dei nuclei principali della rassegna “Sabine Weiss. La poesia dell’istante” racconta proprio gli anni ’50 del Novecento, momento del riconoscimento internazionale della fotografa. Nel 1952, infatti, la sua carriera ha una svolta decisiva quando entra nell’agenzia Rapho, su raccomandazione di Robert Doisneau. Dal 1953 in poi le sue fotografie sono pubblicate da grandi giornali internazionali come “Picture Post’, “Paris Match”, “Vogue”, “Le Ore”, “The New York Times”, “Life”, “Newsweek”. Nello stesso anno Weiss partecipa alla mostra “Post War European Photography” al Museum of Modern Art di New York (MoMA) e nel 1954 l’Art Institute di Chicago le dedica un’importante personale. Nel 1955 tre dei suoi scatti sono scelti da Edward Steichen per la storica antologica “The Family of Man”, al MoMA di New York.

L’ultima sala del percorso espositivo Sabine Weiss. La poesia dell’istante (©Elisa Morando)

Dal 1952 al 1961 Sabine Weiss collabora con “Vogue”, accanto a fotografi come William Klein, Henry Clarke e Guy Bourdin, realizzando alcuni memorabili servizi di moda, di cui in mostra sono esposti vivaci scatti a colori insieme a una quindicina di numeri originali della celebre rivista.

Una sezione del percorso è dedicata ai suoi ritratti di pittori, scultori, attori e musicisti. Per cinque anni, Hugh Weiss è il mentore dell’artista Niki de Saint Phalle, mentre Sabine è vicina ad Annette Giacometti, la moglie del grande scultore Alberto. In mostra non mancano i loro ritratti accanto a quelli di altre personalità come Robert Rauschenberg, André Breton, Alberto Giacometti, Niki de Saint-Phalle, Anna Karina, Françoise Sagan, Romy Schneider, Ella Fitzgerald, Simone Signoret, Brigitte Bardot.

L’America, raggiunta nel 1955 sul transatlantico Liberté in compagnia del marito Hugh, la impressiona fortemente, e i suoi scatti brulicanti di dettagli realizzati nelle strade di New York, dal Bronx ad Harlem, da Chinatown alla Ninth Avenue, sono pubblicati dal “New York Times” in un ampio servizio dal titolo “I newyorkesi (e la Washington) di una parigina”. Sono immagini che raccontano l’America con un punto di vista francese, dall’umorismo spiccato.

La sezione dell’esposizione Sabine Weiss. La poesia dell’istante dedicata alle immagini scattate negli Stati Uniti (©Elisa Morando)

Il percorso riserva ampio spazio anche ai lavori realizzati da Weiss negli anni ’80 e ’90, all’età di sessanta e settant’anni, durante i suoi viaggi nell’Isola di Réunion, in Portogallo, India, Birmania, Bulgaria, Giappone, Polonia ed Egitto. Come osserva la curatrice Virginie Chardin, «ciò che colpisce lo spettatore è la sensazione di isolamento e a volte di tenera tristezza che queste fotografie tarde emanano, in cui bambini e anziani sono accomunati dalla loro fragilità. Una melancolia e qualche volta cupa austerità emergono da queste immagini, in contrasto con la personalità vivace e giocosa della fotografa, sulla quale il tempo sembra non avere presa».

Oltre alle fotografie, in mostra sono presentati anche alcuni estratti da film documentari a lei dedicati (“La Chambre Noire” di Claude Fayard, 1965; “Sabine Weiss” di Jean-Pierre Franey, 2005; “‘Il mio lavoro come fotografa” di Stéphanie Grosjean, 2014) nei quali la fotografa ha raccontato, in diversi periodi della sua vita, il suo percorso artistico, le sue esperienze di viaggio e la difficoltà di essere una fotografa donna. La forza della sua curiosità per il mondo e la sua gioia di vedere e documentare fanno di Sabine Weiss un simbolo di coraggio e di libertà per tutte le donne fotografe.

Il catalogo, pubblicato da Marsilio Arte, propone molte immagini inedite, i testi di Virginie Chardin, curatrice della rassegna, e di Denis Curti, direttore artistico della Casa dei Tre Oci.

Biglietti

11,00 € intero

9,00 € ridotto per ragazzi dai 14 ai 27 anni; visitatori oltre i 65 anni d’età; visitatori con disabilità; insegnanti; possessori voucher, Hotel convenzionati; possessori Card dei Musei Civici del Comune di Genova; possessori tessera Coop Liguria; Dipendenti del Comune di Genova; Amici di Palazzo Ducale e dei Musei Liguri; dipendenti IREN con accompagnatore; abbonati annuali AMT; possessori biglietti delle altre mostre in corso a Palazzo Ducale; giornalisti con tesserino con bollino dell’anno in corso, accreditati; Possessori Feltrinelli Card e IBS Card; Soci Fondazione Ansaldo; Gruppi numero di persone massimo 25 max

8,00 € possessori Card Ducale

5,00 € giovani dai 6 ai 14 anni; under 27 solo il martedì pomeriggio non festivo; scuole (minimo 10 e massimo 25 studenti)

Biglietto omaggio per minori di 6 anni non compiuti; 1 accompagnatore per disabile che presenti necessità; 1 accompagnatore per ogni gruppo; 2 accompagnatori per ogni gruppo scolastico; alunni portatori di handicap in gruppo scolastico; guide turistiche con patentino; tesserati ICOM; insegnanti con voucher; giornalisti accreditati dall’Ufficio Stampa di Palazzo Ducale (previa indicazione della testata e della data della visita); possessori coupon omaggio; possessori Genova Citypass Turistico; 1 accompagnatore di possessori di biglietto treno Freccia o Intercity

Informazioni www.palazzoducale.genova.itpalazzoducale@palazzoducale.genova.it

Elisa Morando

Su Redazione

Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Claudio Cabona, Giovanna Ghiglione e Giulio Oglietti. Le foto sono a cura di Emilio Scappini. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela Biagini

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