“Orfeo Rave”: danza e teatro in uno spettacolo psichedelico e poetico

Di il 12 Maggio 2016

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Recensione di Alessandra Arpi

La morte che celebra la vita. E viceversa. La musica che rimbomba nel petto e una dolce poesia che sa di morte. Il quotidiano che si mischia con l’onirico, la tenerezza con la brutalità umana. Il tutto con una pennellata calda di colori messicani e riti di morte gioiosi.
È questo Orfeo Rave, l’articolato e dinamico spettacolo del Teatro della Tosse in collaborazione con il Balletto Civile, andato in scena dal 7 all’11 maggio alla Padiglione Jean Nouvel della Fiera del Mare di Genova. Uno spettacolo in cui basta lasciarsi condurre per mano nel viaggio di Euridice giù negli abissi degli Inferi, seguendo Orfeo e il suo disperato tentativo di riportarla sulla terra, al suo fianco.
Un esilarante viaggio alle porte della vita, lì dove amore e morte si fondono, in 9 ambienti diversi, interattivi, così perfettamente studiati dalla regia di Michela Lucenti (nei panni di un’Euridice/Virgilio che guida gli spettatori) e di Emanuele Conte.
Mito, leggenda e quotidiano si alternano fluidi, tra musica, prosa, danza, canto, installazioni visive e costanti richiami all’altro, all’esotico, al lontano, alla freddezza della morte. Un ipertesto dentro l’ipertesto, tra atmosfere vibranti e colorate alla Frida Kahlo e ambienti asettici alla CSI, dai miti greci al dialetto veneto. Nulla di tutto questo stride, ma si abbraccia in un percorso che mai stanca.
Il viaggio comincia in una stanza buia, ricca di sorprese, per poi snodarsi lungo gli 11mila metri quadri di Padiglione, da un angolo all’altro, senza sosta, dissipando le distanze.
Una scenografia da Oscar, quella studiata ad hoc, tra musica dal vivo, palchi inclinati, impalcature luccicanti e video-art. Una danza contemporanea che risulta potentemente reale, vivida, mentre dà corpo alla vita e, allo stesso tempo, alla morte.
Impossibile non subire il ritmo incalzante della festa dei morti, con teschi, fiamme, maschere e un Apollo dorato danzante, difficile resistere alla delicata ironia di Persefone (interpretata magistralmente da Enrico Campanati), moglie di Ade, custode degli Inferi, nel momento in cui si trova a raccontare l’incontro con Orfeo e la sua richiesta di riportare in vita Euridice. Pezzi di commedia rosa, un po’ alla famiglia Vianello, tra dolcezza e prese in giro della moglie al marito. Impossibile anche non associare la confessione di Aristeo, così drammaticamente attuale, alla tragica fine di una notizia di cronaca nera odierna.

“Men fear love more than death”, ripete la Euridice-Virgilio più volte durante il viaggio, impensabile ma banale verità che sconvolge e tenta di spiegare perché, perché proprio all’ultimo, Orfeo si sia voltato e abbia perso Euridice per sempre.
Il climax del viaggio all’Inferno si raggiunge, nemmeno a dirlo, alla fine, nella danza potente e rubiconda delle Baccanti, un vero e proprio rave di rabbia, delusione, festa e morte. I bassi che si mescolano con il pulsare delle vene. Buio. L’ultimo canto di Orfeo ed Euridice un sussurro di morte, che li vede finalmente insieme.
Uno spettacolo decisamente multimediale e psichedelico, delicato e poetico, con i testi di Emanuele Conte ed Elisa D’Andrea magistralmente interpretati, un corpo di ballo potente e instancabile e un uso dei costumi, delle luci e della scenografia che va oltre la classica esperienza teatrale. E lascia a bocca aperta.

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Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Claudio Cabona, Giovanna Ghiglione e Giulio Oglietti. Le foto sono a cura di Emilio Scappini. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela Biagini

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