OFFICINA AMMANITI, PAROLE CHE BRUCIANO SUL PALCO

Di il 11 Marzo 2016

ammaniti

Ieri sera all’Archivolto Ugo Dighero, Carla Signoris e Pier Luigi Pasino hanno dato vita a 4 esilaranti e onirici racconti di Ammaniti, tratti dalle raccolte Fango e Il momento è delicato, per un’ora di storytelling ritmico e in un infinito crescendo.

Chiudendo gli occhi il racconto prende forma nelle orecchie, nella mente, nei sensi un po’ assopiti dal buio del teatro, ma attentissimi ai voraci crescendo delle storie.
Le potenti parole di Niccolò Ammaniti, per chi è abituato a leggerle su carta, suonano avvolgenti, calde e vive, mentre sono pronunciate a voce alta sul palco dell’Archivolto.
Con note più melodiche, delicate e femminili quando le maneggia con la voce Carla Signoris, con accenti più gravi e acuti, dannatamente comici, quando le pronuncia Ugo Dighero, canzonatorie e leggere con la voce di Pier Luigi Pasino.

Un’ora abbondante di spettacolo, quello di Officina Ammaniti ieri sera al Teatro dell’Archivolto, in cui lo scrittore, quasi timidamente, è salito sul palco a presentare il susseguirsi di racconti, quotidiani e allo stesso tempo esageratamente onirici, che hanno preso vita davanti a un leggio.
Un’introduzione ironica, quella di Ammaniti, senza prendersi troppo sul serio, sulla capacità del teatro di assopire anche le menti più tenaci, nel caso di interminabili e troppo impegnati spettacoli. La speranza di non annoiare unita a un invito alla modestia, un accenno al vicino di poltrona che si addormenta e comincia a russare e a chi, vinto dalla noia, sfida il tempo giocando al cellulare. Ed eccole lì, le prime timide risate del pubblico, a dare forza alle parole dello scrittore. Timide risate che, nel giro di una manciata di minuti, si sono trasformate in risa acute e liberatorie, nel crescendo di racconti.

La scrittura e il linguaggio dello scrittore romano stregano per la potente vividezza delle immagini, per l’attenta descrizione di una realtà in cui è così semplice riconoscersi, per la semplicità con cui descrivono l’evanescente ed effimera condizione umana.
I racconti brevi di Ammaniti hanno sempre stupito per la capacità di passare, con estrema naturalezza, da una situazione di banale quotidianità a un mondo onirico, sopra le righe, tragicomico e potentissimo. Le quattro storie raccontate sul palco dell’Archvolto sono tratte dalle raccolte Fango (1996) e Il momento è delicato (2012), ricche di dirompente umanità, sentimenti bassi e volgari ma anche emozioni pure e candide.

Ugo Dighero ha interpretato per primo, con sapiente maestria, il protagonista del racconto Carta, tratto da Fango, che narra le incredibili gesta di un ordinario lavoratore della Usl intento a disinfestare da spazzatura e cadaveri di gatti, con due colleghi, l’appartamento di un’anziana contessa ridotta alla pazzia dalla morte del marito. Dighero sfodera parole come fossero sciabole, rovesciando addosso al pubblico il senso di nausea provato dal protagonista, l’ansia dell’ignoto, il respiro caldo e affannato, la pelle grigiobianca della vecchia intrisa di follia, macchiata dal piombo della carta di giornale con cui si è nutrita spasmodicamente per anni. Tutto in un crescendo di suspance, di azione, come in un thriller magistrale, sino alla poetica e tragica fine.

Pier Luigi Pasino ha impersonato poi Giovanni, timido adolescente in preda alle furie ormonali della sua età, che finalmente si ritrova nella situazione che più desiderava e temeva: il momento di perdere la verginità con Giulia, meravigliosa creatura incontrata a una festa. Il crescendo di gioia è costretto a una brusca virata, però, quando Giovanni si accorge che Giulia è la figlia della sua temutissima professoressa di italiano che, in quel momento, rientra in casa con il marito. Giovanni non riesce a fuggire ed è costretto a passare la notte sotto il letto della professoressa, ritardando la mattina dopo per la scuola e la temuta interrogazione che avrebbe potuto salvare il suo anno scolastico. Menomale che Giulia ha aggiunto un 8 sul registro… di fianco al nome sbagliato.

Carla Signoris, con delicatezza ed estrema armonia, ha raccontato le vicende della protagonista di Respira. Piano. Ma respira. tratto da Il momento è delicato. Una donna è in ospedale di fianco alla madre morente. Ogni volta sembra sia morta. La figlia si prepara, analizza la morte con apparente lucidità, ma ogni volta la madre ricomincia a respirare. Il tutto è intervallato dalla speranza della donna di raggiungere Pietro, uomo misterioso conosciuto poche settimane prima, ora in viaggio in Grecia. La banale e deprimente banalità di una stanza di ospedale viene esplorata sin nelle viscere, sino al finale commovente e gioioso.

Per finire Ugo Dighero, completando il crescendo della serata, ritorna sul palco impersonando Matteo, marito fedifrago del racconto Un uccello molto serio che, rimasto solo nell’afa dell’estate romana, mentre la moglie è in viaggio a Ibiza, passa una notte di fuoco con Angela, ventitreenne conosciuta al reparto surgelati. Il mattino dopo la tremenda rivelazione: proprio quel giorno la moglie sarebbe tornata per una breve visita. Matteo ha sette ore per nascondere le tracce del misfatto, operazione relativamente semplice che si trasforma in un’odissea senza fine che lo porterà a colpirsi ripetutamente in volto con un ferro da stiro. Il tutto sino all’epica conclusione: la moglie avrebbe comunque voluto lasciarlo, proprio quella sera.

Una comicità travolgente che sfiora il tragico, provoca risate a non finire nel pubblico che, nel perfetto climax del racconto, sembra di assistere personalmente alle avventure dei protagonisti, in quei brevi racconti che hanno la potenza dirompente di un romanzo.

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Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Claudio Cabona, Giovanna Ghiglione e Giulio Oglietti. Le foto sono a cura di Emilio Scappini. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela Biagini

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