IL TEATRO DELLA TOSSE RIALZA IL SIPARIO CON UNA PRIMA NAZIONALE FIRMATA EMANUELE CONTE

Di il 15 Ottobre 2019
Credit: Donato Aquaro Credit: Donato Aquaro

La stagione 2019-2020 si apre con I costruttori di Imperi – lo Schmürz di Boris Vian. Lo spettacolo porta in scena una riflessione incalzante sull’esistenza umana, con un testo amaro ma intriso di feroce e veritiera ironia che saprà divertire e stupire il pubblico.

GENOVA- Da mercoledì 16 a domenica 27 ottobre andrà in scena, al Teatro della Corte, I costruttori di Imperi – lo Schmürz di Boris Vian. L’autore e musicista francese, già portato in scena da Conte nel 2010 con Il viaggiatore onirico, è un artista poliedrico a cui il Teatro della Tosse è fortemente legato, e si presta ad una messinscena a cavallo tra il teatro dell’assurdo, il thriller (tanto caro a Vian), la commedia e il dramma.

Emanuele Conte, a conferma di questo particolare legame, ha detto:“Per puro caso ho scelto questo testo ad un passo dal centenario della nascita di Boris Vian, che per puro caso coincide con il quarantacinquesimo anniversario della fondazione del Teatro della Tosse, che per puro caso ha come effige l’Ubu Re di Alfred Jarry, che per puro caso è l’autore di riferimento di Boris Vian, e così il cerchio si chiude.

Ma forse non è un cerchio, è una spirale come quella disegnata sul pancione di Ubu. Infatti, per puro caso, ne I costruttori di imperi – o Lo Schmürzè ben chiara la presenza dell’uomo assurdo e l’assurdità del vivere di Albert Camus, la mostrusità familiare di Ionesco, la comicità surreale di Carroll, l’intricata profondità psicologica dei classici greci, il jazz e il punk rock, la pittura surrealista, la feroce falsità della classe borghese, che non è scomparsa, ma al contrario si è allargata a dismisura inglobando ormai l’intera società occidentale, o quasi…

Poi c’è lo Schmürz, il protagonista, il perdente, il capro espiatorio, l’escluso, ma non il puro, no! Anche lui, in qualche modo, è parte del meccanismo e accetta il suo ruolo, ma fino a quando?

Per puro caso in questo testo ci sono tutti miei spettacoli. E oggi, per puro caso, è venuto il momento di metterlo in scena.”

La storia racconta della fuga surreale e grottesca di una famiglia che scappa da qualcosa o qualcuno di cui si percepisce solo un rumore impossibile da decifrare. I protagonisti continuano a spostarsi nello stesso edificio verso l’alto per allontanarsi dalla minaccia invisibile che sembra perseguitarli. Ad ogni spostamento la famiglia perde qualcosa, prima oggetti materiali e poi ricordi, sentimenti e affetti. Mano a mano che si sale di piano, gli appartamenti sono sempre più piccoli e malridotti e solo la giovane figlia, l’unica a mantenere il ricordo di ciò che è stato, sembra accorgersene.

Verrebbe spontaneo domandarsi di cosa questa vicenda sia metafora, ma sarebbe un errore. Il testo si iscrive a pieno titolo nel filone del teatro dell‘assurdo e, come sempre accade per autori come Jarry, Ionesco, Beckett e lo stesso Vian, non è metafora di nulla, ma semplicemente lo specchio veritiero della condizione umana, di quell‘assurdo che permea l‘esistenza di tutti noi.

È metafora lo Schmürz, personaggio muto, immobile, eternamente presente? Maltrattato, picchiato, isolato dagli altri personaggi, senza apparenti ragioni, non rappresenta solo il capro espiatorio di una società allo sbando, ma soprattutto è l‘occasione vivente per porre in primo piano la cattiveria insita nelle relazioni umane, primo motore dell‘agire dei personaggi di questo dramma.

Conte si muove tra le pieghe del testo su un terreno a lui congeniale, in una storia ironica dai contorni surreali, che riflette sulla condizione dell’uomo all’interno della società moderna.

I protagonisti della storia appartengono ad una società inseguita, che si sente braccata e cerca di fuggire mossa da una paura spesso immotivata. Una sensazione di insicurezza irrazionale, che trova molti riscontri nella realtà di oggi.

I costruttori di Imperi è un perfetto meccanismo drammaturgico che sintetizza alla perfezione tutte le caratteristiche del suo autore, artista eclettico e dinamico, difficile da catalogare come la sua scrittura fatta di improvvisazioni, discrepanze e sorprendenti armonie, che rappresentava la vivacità creativa dei jazzisti degli anni quaranta.

È un testo amaro ma con una feroce ironia di fondo, che sa divertire e stupire come uno spartito jazz.Per questo può essere messo in scena solo con attori capaci di coglierne le sfumature e di muoversi a proprio agio in quel territorio sottile che sta tra la precisione formale e l‘improvvisazione.

Emanuele Conte, dopo le fortunate esperienze con Michela Lucenti e Balletto Civile, in cui ha “ibridato” il suo teatro di prosa con la danza (Orfeo Rave, Axto – oratorio per voci e corpi dal labirinto), torna a dirigere la compagnia del Teatro della Tosse con un mix di volti storici e giovani artisti. Tale scelta è risultata fondamentale ed è nata dal bisogno di coinvolgere attori che negli anni hanno più volte frequentato con successo un genere spesso frainteso.

Il lavoro degli attori è stato amplificato dall‘utilizzo delle maschere, realizzate dallo scultore Ruben Esposito, con il quale Emanuele Conte aveva già collaborato per l‘edizione estiva di Orfeo Rave ad Apricale. Con l‘uso della maschera l‘attore è costretto a recitare con tutto il corpo, non può mai accontentarsi del significato delle parole che pronuncia, deve incarnarle fino in fondo, senza fare sconti a se stesso e allo spettatore.

Il padre protagonista principale dell’intera vicenda, è interpretato da Enrico Campanati, motore di tutta l’azione scenica. Campanati, che chiude lo spettacolo nel terzo breve atto con un bellissimo monologo, regala al pubblico una memorabile prova d’attore e aggiunge questo personaggio alla sua vastissima galleria di grandi interpretazioni.

Sul palco altri attori simbolo del Teatro della Tosse, che in queste stagioni sono stati protagonisti di moltissime delle nostre produzioni: Susanna Gozzetti che interpreta la madre, Graziano Sirressi nei panni della figlia Zenobia, Pietro Fabbri è invece la serva Cruche, mentre Sarah Pesca è il vicino di casa della famiglia in fuga.

Un gruppo di attori affiatato e abituato a lavorare insieme, che danno vita a una performance generosa in uno spettacolo coinvolgente per tutto il pubblico.

Alessio Aronne, anche aiuto regista, presta il corpo alla figura de lo Schmürz.

I costumi, di Daniela De Blasio, sono stati realizzati dalla sartoria del Teatro della Tosse. Emanuele Conte firma anche le scene dello spettacolo.

Info: Lo spettacolo è sempre alle ore 20.30 (a parte la domenica alle ore 18.30 e lunedì riposo)

Biglietti

Prezzo intero: 15 euro

Per ragazzi fino a 28 anni la sera della prima:10 euro

Promozione: Per chi acquista online almeno tre produzioni del Teatro della Tosse (I COSTRUTTORI DI IMPERI, ADAGIO, I FIGLI DELLA FRETTOLOSA, SAUL,LABBRA, AXTO, ART)sia nelle sale di Sant’Agostino che al Teatro del Ponente sconto del 20% sul prezzo del biglietto.

C.S.

Su Redazione

Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Claudio Cabona, Giovanna Ghiglione e Giulio Oglietti. Le foto sono a cura di Emilio Scappini. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela Biagini

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