GENOVA DA SCOPRIRE: VIAGGIO NEL “SOTTOSOPRA” DELLA SUPERBA TRA CUNICOLI, SCHELETRI E RIFUGI

Di il 19 Gennaio 2024

Il capoluogo ligure è ricco di segreti non solo in superficie, ma anche sottoterra. A febbraio 2023 il Comune di Genova ha annunciato che verrà effettuata una mappatura digitale del sottosuolo genovese per costruire una “digital city” sempre più estesa e accurata. Di seguito un elenco dei più suggestivi sotterranei della città

di Alessia Spinola

GENOVA – Non solo Hawkins di Stranger Things, anche Genova ha il suo “sottosopra“. La città, infatti, è ricca di segreti non solo in superficie, ma anche nel sottosuolo, tra grotte, cunicoli, scheletri, rifugi antiaereo e molto altro. Nell’oscurità dei sotterranei sono impresse le fondamenta e il passato di una città diventata Superba, ed è proprio facendogli luce che è possibile viaggiare nel tempo e guardare al futuro.

A tal proposito, a febbraio 2023 il Comune di Genova ha annunciato che verrà effettuata una mappatura digitale del sottosuolo genovese per costruire una “digital city” sempre più estesa e accurata. Il progetto è curato da Stefania Traverso responsabile del SIT – Sistemi Informativi Territoriali della Direzione Tecnologie Digitalizzazione e Smart City ed è sviluppato in collaborazione con il Centro Studi Sotterranei.

Di seguito un elenco di alcuni dei luoghi più misteriosi e suggestivi per un viaggio nel “sottosopra” genovese.

SOTTERRANEI DEL PONTE MONUMENTALE

Un po’ come la Luna, anche il Ponte Monumentale, uno dei luoghi simbolo di Genova che domina via XX Settembre, ha una faccia nascosta. L’ingegnere Cesare Gamba che progettò il ponte, infatti, pensò anche ad una struttura interna, o meglio, sotterranea.

Pozzo per raggiungere il Ponte

Il viaggio nei meandri del Ponte Monumentale parte da un tombino in Corso Andrea Podestà, in cui bisogna calarsi per trovarsi in un corridoio che ospita uno stretto pozzo che, attraversandolo, porta al piano inferiore. Lo scenario che si parerà davanti è caratterizzato da archi in mattoni e muri in pietra con grosse bocche circolari che permettono di scendere ancora più in basso, oltre che a svolgere la loro funzione strutturale. Dal soffitto pendono quelli che vengono chiamati “capelli d’angelo”, ovvero stalattiti.

Inoltrandosi ancora più in basso si può ammirare un pezzo delle Mura cinquecentesche dove sorgeva la Porta di Santo Stefano.

Resti delle mura cinquecentesche

L’ACQUASOLA E I SUOI SCHELETRI

Anno 1657, la peste arriva a Genova e si contano sessantamila vittime su quelli che all’epoca erano novantamila abitanti. È proprio sotto il parco dell’Acquasola che che migliaia di corpi vennero sepolti: ecco perché nei cunicoli sottostanti il parco è possibile osservare colonne di scheletri ammassate verso l’alto.

Scheletri sotto il parco dell’Acquasola

RIFUGIO SOTTO VILLETTA DI NEGRO

Filtri per purificare l’aria

Dopo il 1936 venne costruito un vero e proprio rifugio sotto Villetta Di Negro, il cui scopo era quello di ospitare gli uffici della Prefettura in caso di bombardamenti, oltre che a svolgere la funzione di centro allarme aereo durante la Seconda Guerra Mondiale. Si poteva accedere in questo rifugio da tre ingressi: uno su Salita delle Battistine (oggi murato) e due in Villetta Di Negro. Durante la guerra fu usata anche per offrire rifugio ai cittadini e militari, in quanto dotato anche di dispositivi per filtrare e purificare l’aria.

GALLERIA DELLE GRAZIE

Quello di Galleria delle Grazie è uno dei rifugi antiaereo della Seconda Guerra Mondiale più famosi di Genova. Il rifugio era composto da due gallerie: la “traversata vecchia” e la “traversata nuova”. Queste gallerie erano dotate di diversi ingressi, che nel 1942 e nel 1944 furono protagonisti di due tragici eventi.

Il 22 ottobre 1942 avvenne l'”offensiva aerea di autunno”, in cui oltre 200 tonnellate di bombe furono sganciate su Genova. La sera dopo risuonarono le sirene e fu proprio in quest’occasione che una grande folla si recò presso uno degli ingressi della galleria, rispettivamente da Porta Soprana, rompendo però i cardini dei cancelli. La popolazione fu dunque catapultata nel rifugio e persero la vita 354 persone, anche se c’è chi dice che le vittime furono più di 500.

La seconda tragedia fu il 4 settembre 1944, durante un altro bombardamento che colpì le persone che stavano per entrare nel rifugio da un ulteriore ingresso. Morirono 143 persone. Ancora oggi nella galleria si possono trovare testimonianze del rifugio, come le scritte alle pareti “Vietato sostare: inoltrarsi” o “Zona riservata alle forze armate” o le placchette numerate che indicavano la distanza dall’imbocco della galleria. Inoltre, in via di Porta Soprana sono presenti due lapidi che ricordano la tragedia del 23 ottobre 1942.

Lapide in via di Porta Soprana
Scritta nella galleria

GROTTA DORIA

Cupola ottagonale

“Fonte del Capitano Lercaro”: così Vasari nelle sue vite definì la Grotta Doria, edificata intorno al 1550 dall’architetto Galeazzo Alessi. La grotta nel 1603 divenne parte del giardino retrostante la Villa di Fassolo dei Doria. Della grotta è ancora ammirabile una sala ottagonale, il cui soffitto racconta storie mitologiche, molte derivanti della Metamorfosi di Ovidio. Le pareti e la cupola della sala, inoltre, sono interamente ricoperte da conchiglie, coralli, tessere di maiolica, ciottoli, cristalli e frammenti di stalattiti naturali. La cupola ospitava una lanterna che illuminava tutto il complesso, sormontata da un’aquila, simbolo dei Doria. La lanterna non esiste più e la cupola è chiusa da una lastra di cemento. 

Soglia della grotta

La costruzione poi, con il taglio del giardino a monte del Palazzo per la costruzione della strada ferrata, sparì dalla memoria collettiva ed è grazie alle ricerche del Professor Lauro Magnani che si mise a bussare porta dopo porta finché una signora non riconobbe la sua cantina. Lo stabile fu acquistato dai Doria.

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Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Claudio Cabona, Giovanna Ghiglione e Giulio Oglietti. Le foto sono a cura di Emilio Scappini. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela Biagini

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