“EICHMANN DOVE INIZIA LA NOTTE”. IL REGISTA MAURO AVOGADRO PRESENTA UNO SPETTACOLO TRA IMMAGINAZIONE E CRUDA REALTÀ

Di il 6 Aprile 2022

Lo spettacolo, che va in scena al Teatro Eleonora Duse dal 7 al 10 aprile, è un faccia a faccia serrato, sospeso fra l’intervista e l’indagine storica, in cui Ottavia Piccolo e Paolo Pierobon interpretano la filosofa ebrea Hanna Arendt e il gerarca nazista Adolf Eichemann. “Un testo profondo di vivida potenza che colpirà il pubblico nell’animo

GENOVA – Due figure della storia realmente esistite ma mai incontrate tra loro, un dialogo immaginario straordinariamente reale con sullo sfondo lo scenario della guerra che ci riporta ai nostri giorni. Eichmann dove inizia la notte, in scena al Teatro Eleonora Duse da giovedì 7 aprile, è il nuovo spettacolo scritto da Stefano Massini, un costante gioco di contrapposizioni che si fonda sul confronto dialettico tra Adolf Eichmann e Hanna Arendt, interpretati da due fuoriclasse del teatro come Paolo Pierobon e Ottavia Piccolo. A raccontare l’incontro mai avvenuto di due protagonisti della storia (da una parte Adolf Eichmann, l’ideatore e il coordinatore della cosiddetta soluzione finale per lo sterminio degli ebrei, dall’altra Hanna Arendt, pensatrice e politologa ebrea, allieva di Heidegger e Jaspers, è una delle voci più alte e originali nella riflessione sull’ Olocausto) è Mauro Avogadro, regista dello spettacolo, attore e pedagogo, artista versatile, che tesse le fila di una pièce che oscilla costantemente tra intervista e indagine storica, dramma e potenza scenica.

Mauro Avogadro, ci racconta come è nata e si è sviluppata l’idea di portare a teatro uno spettacolo così surreale ma realistico allo stesso tempo?

L’idea è stata di Stefano Massini, che ha scritto il testo. Io l’ho sposata immediatamente sia per l’originalità del contenuto e la scelta degli attori (Ottavia Piccolo e Paolo Pierobon, n.d.r.). Quello che mi ha colpito è stato anche il modo in cui sono stati presentati i personaggi: Eichmann, oltreché uno spietato esecutore, era un carrierista e un uomo ordinario che puntava alla scalata all’interno delle SS naziste e nel Terzo Reich. Arendt, al contrario, era una donna riflessiva, dalla grande profondità umana. Ecco lo spettacolo gioca molto sul lato oscuro dei personaggi svelandone l’aspetto umano.

Lo spettacolo si svolge in un’immaginaria aula di tribunale ed è un faccia a faccia serrato in cui l’incalzante dialettica della filosofa rivela al pubblico la sconcertante organizzazione finalizzata allo sterminio di milioni di persone. Come si può mettere insieme il non reale ma renderlo così vero?

La combinazione è perfetta perché il testo è costruito su due personaggi della storia all’apparenza agli antipodi ma da aspetti comuni spiazzanti dal punto di vista anche umano. In tutto questo c’è la creatività di Stefano Massini così come l’abilità interpretativa dei due attori scelti ideali per interpretare quel ruolo

Il concetto della banalità del male è spesso radicato nelle modalità che scatenano le guerre come accaduto oggi per la guerra tra Russia e Ucraina.

La crudeltà e la spietatezza del protagonista Eichmann ci riporta alla realtà dei nostri giorni. Si tratta di una strana coincidenza ma che alimenta il desiderio di riflessione da parte dello spettatore sulle dinamiche che portano a scatenare una guerra oggi come 75 anni fa. Lo spettacolo infonde allo spettatore l’impressione che si stiano per vivere gli ultimi giorni dell’umanità ponendo domande inquietanti sulle cause che generano conflitti bellici e sulla consapevolezza civile.

Lei ha curato la regia di produzioni liriche per l’Opèra Bastille di Parigi, il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro Regio di Torino, il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Real di Madrid e il Sao Carlos di Lisbon ma è soprattutto legato da un sodalizio con Luca Ronconi durato oltre 40 anni. Cosa le ha insegnato di più nella sua carriera?

Avendo lavorato al suo fianco per così tanto tempo penso sia rimasto in me un po’ di tutto. Di lui apprezzavo molto la precisione nel lavoro e l’enorme attenzione che mostrava nei confronti del testo. Era un grande innovatore e sapeva sempre adattarsi agli spettacoli che preparava. Del resto a quell’epoca era un teatro più autonomo in cui gli attori erano gli assoluti padroni della scena: riuscivano ad essere molto duttili adattandosi fedelmente alla parte che di volta in volta interpretavano. Ronconi era anche un maestro nella scelta degli interpreti.

Non è la prima volta che lavora a Genova. Ci può raccontare quando accadde?

Era il 1978, proprio con Ronconi portammo per il Teatro Stabile “Il Pappagallo Verde” di Schnitzler al Duse. Erano i primi anni in cui comparve il computer a teatro per costruire la scena e creare gli effetti speciali. Ricordo che c’era grande tensione per quella rivoluzione tecnologica ma anche enorme emozione. In quel periodo conobbi anche Ivo Chiesa, un altro grande maestro di teatro.

Su Tomaso Torre

Giornalista pubblicista dal 2003, è fondatore e direttore responsabile di GOA Magazine. Appassionato di arte, cultura e spettacoli ha collaborato per anni con diverse testate locali occupandosi di cronaca ed attualità, sport e tempo libero. “Ho sempre coltivato il sogno di realizzare un prodotto editoriale dinamico e fluido che potesse rispondere alle esigenze informative di un pubblico sempre più competente ed avanguardista”.

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