COS’HANNO IN COMUNE PAGANINI E JIMI HENDRIX? UNA MOSTRA A PALAZZO DUCALE SVELERÀ IL MISTERO
Dal 19 ottobre al 10 marzo Genova ospita un’esposizione del leggendario musicista in una chiave totalmente rivoluzionaria
GENOVA- Cosa hanno in comune Niccolò Paganini e Jimi Hendrix? E perché dovremmo considerarlo una rockstar? Le risposte le avremo il 19 ottobre quando Palazzo Ducale ospiterà una mostra curiosa e spettacolare, multimediale e interattiva che racconterà la vita del grande musicista, caratterizzata da un enorme successo di pubblico, ma anche da rapporti umani spesso travagliati e complessi. Lo scopo principale del percorso espositivo è quello di indagare quale sia stata l’eredità che il grande maestro ha trasmesso ai suoi contemporanei e molto oltre, fino al confronto estremo con la nostra musica e, appunto, indimenticato protagonista della musica rock: Jimi Hendrix.
L’esposizione intende esplorare, attraverso racconti in video, alcuni aspetti della vita artistica e eventuali similitudini con l’esperienza paganiniana.
Nella mostra è la musica a essere protagonista, rappresentata e raccontata attraverso metafore visive che mettono in scena le caratteristiche essenziali della musica del grande artista genovese. Talentuoso, istrionico, amante degli eccessi, sempre lontano dalle convenzioni, Niccolò Paganini non è stato soltanto uno dei più grandi violinisti mai esistiti, nonché compositore dei celebri Capricci per violino solo. È stato anche un personaggio che per il suo carattere singolare, dovuto a un percorso di vita decisamente unico, perfino ai giorni nostri riuscirebbe ad attrarre la curiosità del pubblico.
I capelli lunghi e scarmigliati e l’imponente naso aquilino spiccavano sul viso pallido e ossuto. Magrissimo e cupo, esaltava questi caratteri vestendosi sempre di nero e portando occhiali dalle lenti blu, perché sapeva che parte della sua fama era dovuta all’aura di mistero che lo circondava. Paganini si può considerare l’inventore di un nuovo rapporto con il pubblico e con la propria immagine, anche attraverso oculate strategie di
La mostra dedica grande attenzione all’idea di Paganini come prima “rockstar” della storia, azzardando, a ragione, raffronti con alcuni grandi virtuosi della musica rock, in particolare con Jimi Hendrix, raccontando e confrontando i personaggi attraverso non solo oggetti e documenti, ma anche elementi scenici fortemente suggestivi, che possano creare una forte empatia con il pubblico.
Il percorso della mostra è fondamentalmente tematico e suddiviso in 7 sezioni, dalla scoperta del talento al virtuosismo, dall’innovazione all’espressività, dal mito all’aspetto personale e intimo, fino al confronto con il contemporaneo, senza tralasciare le elaborazioni della sua musica nel XX secolo.
Per raccontare il personaggio Paganini si entra nella sua storia, attraverso forti elementi scenici, grandi fondali, quinte teatrali, l’esposizione di oggetti intensamente rappresentativi come la chitarra, autografi musicali, la famosa agenda rossa, proveniente dalla Biblioteca del Congresso di Washington, il libro mastro dei suoi conti ecc., che grazie ad una messa in scena teatrale, propongono al visitatore una fitta serie di rimandi evocativi, rafforzati dall’ascolto della musica e dalle proiezioni visive.
Il mondo della musica e del teatro viene rievocato da elementi scenici dell’allestimento che servono ad esporre in maniera non tradizionale, oggetti e documenti. Alcuni flight case (contenitori per il trasporto degli strumenti utilizzati nei concerti) divengono vere e proprie vetrine, grandi quinte teatrali riproducono scenari evocativi dell’epoca ottocentesca, e superfici composite di grandi dimensioni diventano pareti narrative che, attraverso l’accostamento di immagini, citazioni e testi, approfondiscono la vita di Paganini e le tematiche delle singole sale, costruendo connessioni tra diverse epoche e discipline, ad esempio, le analogie tra virtuosismo musicale e sportivo.
L’esposizione, organizzata da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, è curata da Roberto Grisley, Raffaele Mellace e Ivano Fossati, affiancati da un Comitato scientifico composto dagli stessi curatori e da Claudio Proietti, coordinatore, Roberto Iovino, Maria Fontana Amoretti, Pietro Leveratto.
C. S.
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