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DENTRO “LAZARUS”: MANUEL AGNELLI E VALTER MALOSTI RACCONTANO IL VIAGGIO NELL’ULTIMA VISIONE DI DAVID BOWIE

Lo spettacolo andrà in scena al Teatro Ivo Chiesa dal 30 aprile al 3 maggio con un ensemble di 11 performer
di Alessia Spinola
GENOVA – Immaginate una stella che, proprio nel momento in cui sembra stia per spegnersi, brilla di una luce ancora più intensa, capace di oltrepassare il tempo, lo spazio e la morte stessa. Dal 30 aprile al 3 maggio, per quattro giorni soltanto, il sipario del Teatro Ivo Chiesa si alza su “Lazarus“, l’opera rock postuma di David Bowie: un atto finale di sconvolgente bellezza che l’artista ha firmato insieme al drammaturgo Enda Walsh come testamento creativo, poco prima della sua scomparsa. A guidare questa visione onirica e struggente, la regia di Valter Malosti e la presenza magnetica di Manuel Agnelli – premiato con un David di Donatello e un Nastro d’argento – nel ruolo di Newton, alieno e alter ego di Bowie, imprigionato in una condizione eterna tra sogno e allucinazione. L’Uomo che cadde sulla Terra non è mai ripartito: tra ricordi, visioni e fantasmi, cerca una via di fuga impossibile.
«Io sono un fan di Bowie da quando ero adolescente e, studiandolo, ho scoperto che lui si faceva in qualche modo definire come un “attore che canta”. Nel 2015 leggo questa notizia su un possibile lavoro di teatro musicale di Bowie e siccome leggo che lo scriverà insieme a Enda Walsh, che conosco molto bene, lo chiamo e gli chiedo: “Che cosa stai combinando con Bowie?” Ma lui mi risponde: “Non posso dirti niente, non posso dirti niente.” Comunque, da quasi subito ho cominciato a chiedere i diritti. È stato un lavoro molto lungo e paziente, anche se quello non era nulla: bisognava trovare una chiave per farlo – racconta il regista Valter Malosti -Avevo in mente una chiave legata all’ultimo periodo di Bowie, che io amo molto, e avevo bisogno di un protagonista. Sono convinto che servisse qualcuno che incarnasse davvero le ferite, le problematiche: mi è venuto in mente Manuel. Ho provato a contattarlo, e, curiosamente, dopo un giorno ha detto di sì. Penso che Manuel fosse la persona più adatta a fare questo lavoro, soprattutto per la sua voce, ma anche per il suo modo di stare in scena con tutte queste ferite. Serviva qualcuno che fosse un medium, non qualcuno che mettesse il proprio ego davanti, che interpretasse in maniera originale, restando però pienamente nel mondo di Bowie».
Manuel Agnelli commenta così lo spettacolo: «Riesco a immedesimarmi in tantissimi dei temi di quest’opera: la“casa”, che sia metaforica o reale, la perdita dell’amore, la perdita dei punti di riferimento, il non sapere più chi sei, cosa è reale, cosa è vero, cosa conta e cosa no… anche la difficoltà a lasciare andare il passato, le cose che ti sono successe, le persone. Tutte queste tematiche sono quelle che viviamo tutti, e la grandezza dell’opera sta proprio in questo: rendere affascinante ciò che in realtà è ordinario. Il mio amore per la musica di Bowie è enorme e avevo una voglia incredibile di usarla per esprimermi, per far parte di qualcosa di grande. Non nego che questo sia stato uno dei motivi principali per cui ho fatto questo salto. Il fatto che ci fossero le sue canzoni e che io ne avrei cantate parecchie mi ha aiutato molto, anche psicologicamente. È stato molto complicato mantenere il rispetto per la partitura originale e, allo stesso tempo, evitare l’effetto karaoke. Ho sentito qualcuno che canta esattamente come Bowie e, sinceramente, mi sembrano ridicoli. Restituire la potenza di quelle opere significa riviverle, non rifarle».
A otto anni dalla sua prima mondiale a New York, Lazarus ha debuttato per la prima volta sui palcoscenici italiani nel marzo 2023, per la regia di Valter Malosti, direttore di Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale. Malosti ha anche firmato l’adattamento italiano del testo, collaborando con il drammaturgo Enda Walsh, già suo compagno di lavoro in precedenti progetti. A interpretare il protagonista Newton – l’alieno inquieto e malinconico già al centro del film L’uomo che cadde sulla Terra – è Manuel Agnelli, uno dei nomi più influenti del panorama musicale italiano. Storico leader degli Afterhours, Agnelli ha ricevuto nel 2022 sia il David di Donatello sia il Nastro d’Argento per la canzone La profondità degli abissi, parte della colonna sonora di Diabolik dei Manetti Bros., e nel 2023 ha vinto il Premio Amnesty International per Severodoneskt, entrambi presenti nel suo primo album solista Ama il prossimo tuo come te stesso. Al suo fianco, la talentuosa Casadilego – cantautrice e polistrumentista, vincitrice di X-Factor Italia 2020, già in duetto con Ed Sheeran e protagonista del film My Soul Summer di Fabio Mollo, con cui ha anche collaborato musicalmente.
«Secondo me, ai miti bisogna avvicinarsi con rispetto, ma anche con un po’ di irriverenza, altrimenti si rischia di esserne schiacciati – dichiara Manuel Agnelli – La musica, per me, e credo anche per Bowie, serve per uscire, comunicare, stare in mezzo alla gente. Quando inventò Ziggy Stardust, fu il simbolo di una rivoluzione culturale. Rappresentava la libertà di esprimere sé stessi, non solo esteticamente, ma anche nella sessualità, nel modo di vivere, nel rapporto con le convenzioni, era un modo per stare davvero tra le persone. Avvicinarsi a un’opera del genere non può essere solo una celebrazione. Non basta eseguire bene: anche se canti perfettamente, se suoni impeccabilmente, fallisci se non riesci a restituire la tensione emotiva. È quella l’anima della musica di Bowie: le note, i timbri, tutto è al servizio dell’emozione. Se questa non arriva, è tutto inutile. Per questo dico che molte cover band sembrano ridicole: riproducono le partiture, ma senza viverle. Imparano a imitare, non a interpretare, e così manca completamente l’energia originaria. Questa, per me, è la chiave per interpretare la sua musica: mantenere rispetto, ma anche scardinare un po’ la forma».
Il cast comprende un ensemble di 11 performer: oltre ad Agnelli e Casadilego, Dario Battaglia, Camilla Nigro, Maurizio Camilli/Mauro Bernardi, Andrea De Luca, Noemi Grasso, Maria Lombardo, Giulia Mazzarino, Isacco Venturini e Carla Vukmirovic. A supporto dello spettacolo, una band di otto eccezionali musicisti tra i più quotati della scena italiana: Laura Agnusdei (sassofoni), Jacopo Battaglia (batteria), Francesco Bucci (tromboni), Andrea Cauduro (tastiere addizionali), Davide Fasulo (piano e tastiere), Stefano Pilia (chitarra), Giacomo Rossetti (basso), Paolo Spaccamonti (chitarra). Le orchestrazioni e gli arrangiamenti originali sono firmati da Henry Hey, mentre il progetto sonoro porta la firma di GUP Alcaro, storico collaboratore di Malosti e vincitore del Premio Ubu nel 2023.
Il Lazarus di Manuel Agnelli? «Faccio tante cose senza vergogna, perché con l’esperienza, l’età e il lavoro mi sono liberato da molti paletti. È anche per questo che, a cinquant’anni, sono andato in televisione. Mi ha cambiato la vita, in meglio. Ho imparato a stare in mezzo alla gente come avrei sempre voluto, ma non ero ancora capace di farlo. Il teatro è arrivato ancora dopo, verso la fine dei cinquant’anni, ed è stata una sorpresa meravigliosa. Oggi ho ancora la fortuna di sorprendermi, di fare cose nuove che non avevo mai fatto prima. Diventare sceneggiatore potrebbe essere il prossimo passo, ma non ho pensato a un mio “Lazarus”. Forse sarà un disco, forse un’opera musicale, perché è la cosa che mi viene più naturale, ma non ho mai cercato di forzare un percorso artistico, non ho fatto teatro o televisione perché volevo “fare” quelle cose. Sono arrivate da sole, attraverso proposte di persone che avevano una visione anche su di me».
Completano l’allestimento: il disegno luci di Cesare Accetta, le scenografie di Nicolas Bovey, i video di Luca Brinchi e Daniele Spanò, il lavoro sul movimento curato da Marco Angelilli, le coreografie di Michela Lucenti, la direzione vocale e corale di Bruno De Franceschi, e i costumi creati da Gianluca Sbicca.
«Io ho sempre lavorato in maniera interdisciplinare, quindi per me non è una novità. Certamente questo è uno spettacolo piuttosto grande, ma non è distante dalle cose che faccio di solito – racconta Valter Malosti – Ci sono molte linee che accompagnano questa storia, tante linee drammaturgiche che non si limitano al testo di Enda Walsh, né soltanto alla musica: c’è tutto un lavoro legato al corpo, con una coreografia ruvida. Ci sono cantanti che recitano e attori che cantano, danzatrici che cantano e recitano: è una vera commistione di arti, tutte unite. Poi c’è la videoarte. Luca Brinchi e Daniele Spanò hanno creato un’altra linea visiva, molto essenziale. Illuminare il buio non è facile».
Lo spettacolo è una produzione esecutiva di ERT / Teatro Nazionale, in coproduzione con il Teatro di Roma – Teatro Nazionale, e realizzata in accordo con Robert Fox, Jones/Tintoretto Entertainment, New York Theatre Workshop e per concessione di Lazarus Musical Limited. Alla sua creazione nel 2023 hanno inoltre partecipato il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, il Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, il LAC Lugano Arte e Cultura, e il collettivo Balletto Civile come partner produttivo.
Info e biglietti – telefono 010 5342 720; e-mail teatro@teatronazionalegenova.it; biglietti.teatronazionalegenova.it

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Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela BiaginiUltime Notizie
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