“MI DIVERTO A RAPPRESENTARE LA NORMALITA’ DEL GROTTESCO”

Di il 21 Marzo 2015

Ugo Dighero in scena questa sera al Teatro dell’Archivolto e in replica dal 14 al 18 aprile si confessa a GOA MAGAZINE presentando il suo ultimo lavoro teatrale

Di Chiara Gaddi

Dighero_apocalisse

E’ arrivata l’ “Apocalisse” nella Sala Mercato in piazza Gustavo Modena. Sul palco, c’è solo Ugo Dighero a capeggiare l’esercito di personaggi folli usciti dalla penna di Niccolò Ammaniti. Tra uno zombie zoologo e un chirurgo plastico cocainomane si delinea la parodia a tinte fosche di una società alla deriva. Dopo il successo della “prima” di ieri sera, accolta con fragorosi applausi, ecco cosa ci ha raccontato il protagonista.

Ci puoi spiegare come nasce questo spettacolo?

« “Apocalisse” nasce dalla voglia mia e del regista Giorgio Gallione di mettere in scena le parole di Niccolò Ammaniti, che si prestano molto alla rappresentazione teatrale. Sono personaggi grotteschi, al limite dell’inverosimile che mi concedono di dare sfogo ai virtuosismi. E’ interessante proporre questo “bestiario umano” molto contemporaneo in un momento in cui la percezione del grottesco è ridotta a zero.»

Sei da solo sulla scena: è più semplice rappresentare uno spettacolo in totale autonomia o è più difficoltoso rispetto al lavoro all’interno di un gruppo?

«Beh il monologo è un genere a parte, molto rischioso. Il pericolo è quello di non riuscire a catturare l’attenzione risultando noioso. E’ un lavoro interessante, ma molto diverso rispetto, per esempio, a quello che ho fatto con “Il matrimonio del Signor Mississippi” allo Stabile. Il racconto affabulatorio è entusiasmante e lascia grande spazio agli artisti. Mi sono divertito molto.»

Usi molto la fisicità per caratterizzare i personaggi e passare dal comico al tragico: è più difficile far ridere o far piangere?

«Sicuramente fare ridere. In linea di massima un bravo attore comico è anche un bravo attore drammatico, ma non vale il contrario. La comicità è un lavoro raffinato, scardina la grammatica, punta sull’empatia. Purtroppo esiste questo concetto per cui il comico viene considerato un attore di serie B perché non affronta temi impegnati o sociali. Niente di più sbagliato. »

Passando all’attualità, cosa ne pensi del recente declassamento dello Stabile dal novero dei Teatri Nazionali?

«Bisogna fare due considerazioni distinte. Da una parte è esemplare di quello che succede nel nostro Paese: stilare delle regole e poi prendere delle decisioni senza tenerne conto. Sono stati selezionati dei teatri che non rispondevano alle richieste fornite dal Ministero che invece lo Stabile ha. Dall’altra, c’è la valutazione del programma artistico che può risultare interessante o meno: è una scelta discutibile, ma legittima.»

Tu fai parte di una generazione di grandi artisti usciti dallo Stabile di Genova. Come valuti le nuove leve? Pensi che stiano nascendo dei talenti?

«Ho lavorato proprio quest’estate per una fiction televisiva che uscirà a breve sulla Rai. Si chiamerà “Grand Hotel” e nel cast ci sono una serie di attori giovanissimi, quasi tutti intorno ai 23 anni, che arrivano proprio dallo Stabile di Genova. Sono ragazzi motivati che hanno anche attività proprie molto interessanti. Purtroppo non esistono all’interno del sistema le condizioni per farli andare avanti. Questo è dovuto anche agli operatori della cultura con cui dobbiamo confrontarci. Sono rimasto molto colpito dal loro entusiasmo, spero che possano far fronte a questo periodo di decadenza.»

Puoi svelarci qualcosa dei tuoi progetti futuri?

«Per quanto riguarda “Grand Hotel” è una storia ambientata nei primi del Novecento dove interpreto un ispettore alla ricerca di un serial killer. Stiamo pensando a una seconda stagione, visti i pareri entusiastici delle dirigenze. A teatro invece mi piacerebbe riproporre “Look up, America!” e sicuramente proseguirò con “Apocalisse”, per cui sono pronte tante nuove date.»

Su Redazione

Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela Biagini

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