La protagonista svelata: la vita di Eleonora Duse, Elisabetta Pozzi e gli attori della Scuola di alta formazione del Teatro nazionale di Genova
di Francesca Lituania – foto copertina di Federico Pitto
GENOVA – “Del verso io son l’accento,l’eco del dramma uman,il fragile strumento vassallo della man” (dall’Opera Adriana Lecouvreur, Cilea),”Quando si è girata,alla fine,con tutte e due le mani tese in un unico gesto di assoluta disperazione,rassegnazione,resa,è stata la cosa migliore che io abbia visto su un palcoscenico”(Charlie Chaplin sul “Los Angeles Daily Times”). Viene da chiedersi cosa abbiano in comune queste due donne, Adriana ed Eleonora, descritte l’una attraverso un libretto d’opera da Colautti, a sua volta basato sul dramma omonimo di Scribe e Legouvé ,e l’altra dal vivo, mentre porta in scena Gli Spettri di Ibsen, vissute in epoche diverse, nel XVII e il XVIII secolo la prima e la seconda tra il XIX e il XX secolo: una vita nel e per il teatro e l’istintività recitativa. La messa in scena di Adriana Lecouvreur da parte della compagnia teatrale della Divina Eleonora Duse, diventa quindi il pretesto per raccontarne la storia, duplicando il metateatro: non è teatro nel teatro,è teatro che fa teatro che si fa vita.
Eleonora viene messa in scena attraverso la protagonista del dramma. Elisabetta Pozzi interpreta con forte delicatezza la Duse che organizza, dirige e rappresenta a sua volta Adriana; celata per maggior parte del tempo, scivola a poco a poco sul palco prendendone possesso, non si tratta della “testimone velata” di D’Annunzio, è Eleonora, stanca, fragile, triste, ma che rivela tutto il suo carattere nell’ultima frase prima di morire: “agire,partire,copritemi!”. La rappresentazione inizia con il Concierge (Lorenzo Scarpino) che accoglie la Divina e la sua cameriera Maria o Nina (Federica Trovato) e in seguito la sua compagnia di attori, in Hotel. Il Concierge,che non viene mai chiamato per nome, a differenza di Eleonora che di nomi ne ha tanti (“Le donne delle mie commedie mi sono talmente entrate nel cuore e nella testa che mentre m’ingegno di farle capire a quelli che mi ascoltano,sono esse che hanno finito per confortare me”) diventa il narratore, insieme ad agli attori della compagnia e della stessa Duse, della vita dell’attrice, è il direttore fuori scena, non provvede solo ai suoi bisogni, la ascolta, la comprende nella transitorietà della suo esistere in diversi posti, attraverso i mille volti che passano, che si confondono come pietre sul fondo di un lago, che diventano essi stessi il teatro della vita, nella stanchezza, nella melanconia, e cerca di aiutarla fino a portare a compimento Adriana, fino all’ultimo atto quando anche la Divina esce di scena per sempre.
Mentre la compagnia di Eleonora prova la commedia in Hotel, lei rimane “dietro le quinte” nella sua stanza, a studiare il copione: non partecipa mai alle prove, non ne ha necessità, agirà sul palco di istinto fondendo se stessa con la protagonista, divenedo attraverso la gestualità un unico corpo, la “Signora”, così la chiamano i suoi attori, si muoverà in scena “come se camminasse sui serpenti” (Mirella Schino, Il Teatro di Eleonora Duse), con i tagli al copione, con quella sua voce unica di cui non abbiamo nessuna registrazione (ne fece una Edison andata perduta), a volte sussurrerà, non declamerà istrionicamente, sarà naturale come il suo viso che non trucca mai fuori e in scena, i sentimenti saranno quelli che tutti proviamo nella vita,e poi le sue repliche saranno diverse perchè Eleonora porterà un pezzo del suo sentire in quel momento della sua vita sul palco il giorno seguente, “Ogni replica della Duse è in sostanza un’opera nuova” (Piero Gobetti), non è verista non è scapigliata, è irriverente, antiborghese: è la Duse, unica e irripetibile persino da se stessa.
Gli attori recitano in contumacia della diva, che manda le sue indicazioni per scritto attraverso il direttore di scena, è il suggeritore Bertramo (Lorenzo Crovo) che legge la sua parte; entriamo così nel mondo di un teatro che non è più: tournée dove vengono allestiti diversi spettacoli con un ritmo febbrile, direttori di scena, trovarobe, attori itineranti (come i genitori della Duse,il cui nonno fondò l’omonima compagnia), gli “scavalcamonti” come venivano a volte chiamati, che viaggiano, come fecero con la Divina, con i neonati appresso, e mentre recitano raccontano dei pezzi della sua vita, aneddoti, frasi, modi di dire, che ci fanno comprendere il carattere della diva che non è per nulla tale:non somiglia alle attrici della sua epoca come Adelaide Ristori, lei è Elettra, lei è Cleopatra o Margherita o Giulietta (il ruolo che fu la sua epifania a 14 anni), ed è Eleonora,con la stessa naturalezza. Elisabetta Pozzi “interrompe” virtualmente le prove scivolando dal sipario, che la cela in trasparenza sul fondo della scena, al primo piano del palcoscenico con un abito color acquamarina, ispirato al modello che la casa di moda parigina Charles Worth concepì per Eleonora ne La donna del mare di Ibsen nel 1921, gli attori restano congelati intorno a lei mentre racconta stralci di vita e sensazioni con la gestualità della Duse che conosciamo solo attraverso le descrizioni di chi la vide e dall’unico film muto dove recitò: Cenere (di e con Febo Mari tratto dal romanzo omonimo di Grazia Deledda,1921). Alla fine la diva morirà insieme ad Adriana (alias Nina/Maria,FedericaTrovato), che in parallelo sul palco del teatro, compie gli stessi gesti dell’attrice come in uno specchio: Eleonora Duse è Il Teatro.
Chi ha ucciso Adriana Lecouvreur ed Eleonora Duse? Non un Veleno e non la polmonite, perchè non sono veramente morte destinate all’oblio degli attori: Eleonora Duse rimarrà l’icona del teatro per sempre. Questa produzione del Teatro Nazionale di Genova di cui la Pozzi è regista e dramaturg (insieme a Francesco Biagetti) messa in scena con 12 attori del Corso di Alta Formazione della Scuola Mariangela Melato del teatro nazionale di cui Eleonora Pozzi è la direttrice didattica, è delicata, forte e coinvolgente, uno spettacolo veramente riuscito a cui la cornice retrò del teatro Gustavo Modena fa da scrigno perfetto. Oltre alla splendida interpretazione della Pozzi,va segnalata la bravura del cast:questi giovani attori sono stati eccezionali e affiatati tra di loro, hanno tenuto un ritmo narrativo dai tempi scenici perfetti: applausi sentiti per tutti a scena aperta e chiusa. La serata si è conclusa con la consegna dei diplomi da parte di Eleonora Pozzi, Andrea Porcheddu(Dramaturg del Teatro Nazionale di Genova) e Alfredo Maio (Ufficio Sponsorship & Events di BIPER,finanziatrice della Scuola di Alta Formazione). I diplomati sono: Francesco Biagetti, Anna Bodnarchuk, Nicoletta Cifariello, Lorenzo Corvo, Bianca Mei, Davide Niccolini, Adriano Paschitto, Alfonso Pedone, Dalila Toscanelli, Federica Trovato, Lorenzo Scarpino, Yuliia Shapoval, e noi speriamo di rivederli presto in scena con altri spettacoli.
Chi ha ucciso Adriana Lecouvreur?
In scena al Teatro Gustavo Modena 18-19-21-21-22 Dicembre,Mercoledì e Venerdì ore 20:30,Giovedì e sabato ore 19:30,Domenica ore 16 00
biglietterie:teatronazionalegenova.it
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