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FABRICE QUAGLIOTTI E IL NUOVO ALBUM DA SOLISTA: “IN PARALLEL WORLDS IL MIO INNO DI LIBERTÀ”

Oggi 23 ottobre esce il primo disco da solista del leader e tastierista dei Rockets. In un’intervista esclusiva al nostro giornale racconta la genesi del progetto che l’ha portato a realizzare un album innovativo dalla forte ispirazione cinematografica. Non manca un riferimento al memorabile concerto del 1980 dei Rockets al Palasport di Genova: “Una serata incredibile che non dimenticherò mai”
GENOVA – Un disco avveniristico, quasi psichedelico, che tocca le corde più profonde dell’animo ed esalta le doti strumentali dell’artista con una forte ispirazione cinematografica. Da qualunque prospettiva lo si ascolti, da qualsiasi lato lo si consideri, “Parallel Worlds”, il nuovo progetto discografico da solista di Fabrice Pascal Quagliotti, tastierista e leader dei Rockets, è un inno al cinema e un connubio di stili e sonorità. Dal misticismo all’etnico, dal mistero all’occulto, dallo spazio all’amore, il leader dei Rockets mette a confronto diversi mondi paralleli legandoli magistralmente attraverso un unico filo conduttore. Ne nasce un gioco di suoni e armonia, racchiusi in 14 tracce, che conducono chi lo ascolta verso mondi nuovi e inesplorati con chiari riferimenti al primo David Bowie e a musiche di chiara matrice orientale.
“Parallel Worlds” è disponibile in digitale e nelle seguenti versioni, tutte in edizione limitata e da collezione: doppio vinile trasparente, doppio vinile nero, CD Book di 32 pagine. La versione in vinile dell’album contiene due tracce in più rispetto al disco, 2 speciali Binaural Version mix by Frederick Rousseau
Fabrice, come ti è venuta l’idea di fare “Parallel Worlds”?
Il progetto ha radici lontane. Nasce 14 anni fa e dopo aver subito diverse interruzioni, a causa di altri impegni professionali, ha avuto una forte accelerata durante il periodo del lockdown. In appena 6 mesi sono riuscito a comporre quello che di solito facevo in 3 anni. D’altro canto un album da solista mi mancava, sentivo il bisogno di farlo. Quando siamo usciti con Wondeland con i Rockets, l’ultimo album della band, ho deciso di chiudere il cerchio discografico. Una volta fatto questo mi sono sentito autorizzato da me stesso a partire con il mio progetto da solista.

Dalla musica dei Rockets alla colonna sonora di film, che differenza c’è?
La band ha uno stile ben definito e impone una serie di paletti dai quali non dovresti uscire. Da solo hai più libertà creativa. Ad esempio nell’album utilizzo strumenti virtuali, ad eccezione di un vero pianoforte a coda. Dentro ci sono anche sonorità etniche, la voce di una ragazza americana e flauti giapponesi. Ho studiato per anni le armonie orientali, la canzone “Japanese Tattoo”, contenuta nell’album, è un condensato di tutto questo.
I costumi dei Rockets hanno fatto storia. Anche nel tuo progetto da solista prosegui sulla stessa scia.
Assolutamente sì. A tal proposito vorrei ringraziare la mia stilista Cinzia Diddi di Prato che ha svolto un lavoro straordinario realizzando costumi differenti per ogni traccia. Le abbiamo chiamate quattordici sfumature di Fabrice Pascal.
Nell’album ci sono anche due brani realizzati dal tastierista Frederick Rousseau, strumentista di fama mondiale e autore di colonne sonore di colossal come Blade Runner e Alexander.
La nostra amicizia risale a quando avevamo entrambi 5 anni, siamo stati insieme fino all’età di 10 anni, dopodiché le nostre strade si sono separate perché abbiamo cambiato scuola. Poi per puro caso ci siamo visti quando avevamo 20 anni in un negozio di strumenti musicali a Parigi e ci siamo subito riconosciuti. Da lì ci siamo rivisti e siamo rimasti in contatto ma non abbiamo mai fatto collaborazioni insieme finché non ho deciso di fare questo album da solo. Un giorno gli ho mandato un provino e gli ho detto: “Questa è la traccia di pianoforte che devi assolutamente tenere, per tutto il resto hai carta bianca” così è nato il brano Friends (non potevo chiamarlo altrimenti). Dopo tre settimane Frederick mi ha richiamato chiedendomi se avessi un altro piccolo spazio perché aveva un’idea: in pratica ci siamo scambiati i ruoli perché poi lui mi ha mandato un altro provino di pianoforte ed è nato un altro brano!

Nel tuo album ci sono riferimenti a David Bowie e Tovarish Gagarin?
Sono partito da un titolo e l’ho sviluppato. Mi sono ispirato al personaggio stralunato protagonista della canzone Space Oddity, Major Tom. Poi mi sembrava doveroso scrivere un brano per Gagarin, il primo uomo che è andato nello spazio e ha segnato il XX secolo. Nel brano ho utilizzato le parole in russo che pronunciò prima della partenza, che in parole povere vogliono dire “o la va o la spacca!
È previsto un tour?
Dipende da come si evolverà la situazione legata all’emergenza sanitaria. Sto studiando da sei mesi per organizzare un’esibizione dal vivo.
Ricordi ancora il concerto di Genova al palasport del 1980?
Certamente. Eravamo reduci da un periodo molto difficile. Ne venivamo da Bergamo dove non riuscimmo a tenere il concerto a causa di un allarme bomba. Ricordo ancora il Palasport esaurito e la tensione che aleggiava nell’aria. Ma fu un successo. Sono molto legato alla città di Genova una città che adoro per le atmosfere che si respirano, gli scorci e i panorami unici che si possono ammirare.

Su Tomaso Torre
Giornalista pubblicista dal 2003, è fondatore e direttore responsabile di GOA Magazine. Appassionato di arte, cultura e spettacoli ha collaborato per anni con diverse testate locali occupandosi di cronaca ed attualità, sport e tempo libero. “Ho sempre coltivato il sogno di realizzare un prodotto editoriale dinamico e fluido che potesse rispondere alle esigenze informative di un pubblico sempre più competente ed avanguardista”.Messaggi correlati
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