- Novembre al Museo Galata: gli orari di apertura
- Novembre di eventi e incontri al Mog: gli appuntamenti in programma
- Rinnovata la collaborazione tra la Fondazione Carlo Felice e la Giovine Orchestra Genovese
- Antonella Sgobio vince la dodicesima edizione di “Genova per Voi”, il talent per autori e compositori
ALL’IVO CHIESA FAUSTO CABRA È BRICK NE “LA GATTA SUL TETTO CHE SCOTTA”. L’INTERVISTA: «BISOGNA AVERE UNA TENSIONE VERSO L’AUTENTICITÀ »
Dal 19 al 23 novembre Teatro Nazionale ospita l’iconico dramma di Tennessee Williams, nella nuova regia di Leonardo Lidi, fresco di una doppia candidatura ai Premi Ubù 2025. GOA Magazine ha incontrato l’attore per raccontare la storia di un personaggio e di una famiglia dominati dall’ipocrisia
di Giorgia Di Gregorio
GENOVA – Dal 19 al 23 novembre il Teatro Ivo Chiesa ospita “La gatta sul tetto che scotta”, il nuovo lavoro di Leonardo Lidi appena insignito di due importanti nomination ai Premi Ubu 2025: migliore regia e migliore attrice per Valentina Picello, straordinaria Maggie. Un allestimento radicale, purissimo, che libera Tennessee Williams da ogni sovrastruttura per restituirlo in uno spazio di marmo e vuoto, dove l’unica materia viva restano i corpi, le parole e i conflitti che li attraversano. In questo paesaggio svuotato, la famiglia Pollitt diventa un organismo esposto, reso ancora più vulnerabile dalla scelta di Lidi di trasformare l’invisibile in presenza concreta: la morte, l’alcool, l’amico perduto, tutto ciò che abita le crepe della memoria.
GOA Magazine ha incontrato Fausto Cabra, il Brick di questa gatta, un uomo risucchiato da un dolore muto e da un desiderio che non ha più il coraggio di nominare. L’attore ci ha raccontato la sfida di incarnare un personaggio in caduta libera, schiacciato dal lutto, dall’alcolismo e dal peso delle menzogne familiari, in un percorso attoriale fatto di sottrazione, ascolto e vulnerabilità assoluta. Un dialogo profondo sulla natura dell’ipocrisia, sulla difficoltà di guardarsi davvero dentro e sul modo in cui questo testo – che sembra scolpito nel tempo – continua a parlarci oggi con una forza quasi brutale.
Quali sono le maggiori sfide nel portare in scena un testo iconico come “La gatta sul tetto che scotta?” Che tipo di rilettura o interpretazione avete voluto dare allo spettacolo?
Anzitutto quello che ci ha chiesto Leonardo (Lidi) era di stare nel vuoto, o meglio, stare solo nelle parole. Noi in scena abbiamo uno spazio completamente vuoto, quindi l’unica cosa che vive sono i rapporti e le relazioni dinamiche, anche nei confronti di questa sorta di camera mortuaria fatta di marmo nella quale ci ha messo. Quindi la prima difficoltà è stata avere un corpo a corpo con il testo, una sorta di naturalismo “bidimensionale”, l’unica cosa vera e reale è la relazione con l’altro. La nostra indagine sul testo passa da questo, dall’essere brutalmente nudi, tra i nostri corpi e le parole.
L’altra sfida era liberarsi di tutto quello che sappiamo di questo testo e dalla storia che ha. Io non sono Paul Newman, Valentina non è Liz Taylor. Un’altra grossa novità era rendere carnali anche i rapporti con l’invisibile: la presenza di Skipper – che è l’amico che si è suicidato, amante, non si sa – è fisica. Mentre Paul Newman guardava nel vuoto, Leonardo mi ha messo l’oggetto dei miei pensieri in scena, come anche l’oggetto della mia dipendenza, perché fa entrare più di 100 bottiglie in modo ossessivo, ripetitivo, un continuo bere. E l’unica cosa che riempie lo spazio sono queste bottiglie. Oltre ai personaggi quindi ci sono due cose che riempiono il palco oltre ai personaggi: da un lato l’alcool, dall’altro la morte, l’amico che se n’è andato. Da queste chiave di accesso abbiamo iniziato ad indagare il testo.
Come ti sei preparato ad affrontare il personaggio di Brick, un uomo che ha un grosso conflitto interiore con la propria sessualità, con l’alcolismo e con una moglie che non riesce a corrispondere?
Io non mi sono neanche chiesto se lui fosse omosessuale o meno. Magari non ci avevamo mai davvero pensato, magari si può scambiare questa enorme mancanza per l’amico per amore – lui, l’amico, di sicuro era innamorato di lui – e non se n’erano mai resi conto. Oppure lui non lo corrisponde, oppure chi lo sa. Non ho voluto chiuderlo nella mia testa in un qualcosa di specifico, ma lasciare una forma di amore più alta e più pura, che non è una forma che passa dalla sessualità ma da una corrispondenza di anime profonda.
Per il resto, ho seguito quello che mi ha detto Leonardo: stare, stare nello spazio, lasciarsi attraversare in modo tale che fossero le parole, in quello spazio vuoto, piano pian a far emergere i personaggi. Non ho fatto un lavoro, diciamo, muscolare, è come se il mio personaggio me lo costruissero addosso gli altri. La mia sfida è di totale sottrazione, la cosa che più mi spaventava è portare la depressione a teatro. Ed è una depressione senza scampo, perché lui dall’inizio alla fine è in un buco nero, e non esce da questo buco nero perché ha deciso di smettere di vivere e di dedicarsi solamente all’alcol. Non gli importa più niente. Questa cosa è pericolosa è pericolosa, c’è il rischio di implodere in un’assenza di energia, di essere travolti dal contesto. Ma a un certo punto, mi sono detto «è così, è come nella vita normale». C’è qualcuno che ha la soglia vitale bassa, al minimo; quindi non devo combattere contro questa cosa. Quindi sono stato, sono stato nello spazio, nei miei pensieri, ad ascoltare gli altri, a dare quegli accenni di risposta quando devo.
Brick è sempre in scena, dall’inizio alla fine. Diventa il buco nero che tira dentro tutto il resto della famiglia, tutti cercano di rivitalizzarlo, di riportarlo alla luce, visto che c’è anche una battaglia per l’eredità in ballo. C’è un padre che ha un cancro terminale, ma glielo hanno nascosto, e sarà proprio Brick a portare la verità alla luce. Forse lì la tempesta un po’ si placa tempesta, proprio nel momento in cui trova un atto di sincerità con sé stesso davanti al padre.

Una delle chiavi del dramma è la critica alla famiglia tradizionale del Sud degli Stati Uniti. Come risuona questa critica nella società italiana (e non) di oggi?
Il problema alla base di tutto è sempre l’ipocrisia. L’ipocrisia sociale ma anche nei confronti di sé stessi, il mentirsi, il rimuovere, il non vedere, il non avere la forza di mostrarsi per quello che si è, continuamente strutturarsi dietro maschere, dietro abitudini, convenzioni. La cosa centrale è proprio la prima menzogna: quella che uno fa a sé stesso. Su di essa si costruisce un castello ancora più complesso di menzogne che si chiama famiglia. Queste sono persone che non si vedono, che si usano, che si manipolano, che non sono in contatto con i propri sentimenti. Questa cosa accomuna tutti in qualsiasi epoca. Poi sì, c’è anche lo stigma dell’omosessualità, ma è qualsiasi lo stigma, qualsiasi cosa sia difficile da affrontare porta a rinnegarti e a tagliare i punti con sé stesso, a raccontarti in modo diverso da quello che sei, a obbligarti a stare in famiglia anche se non ami la persona a cui stai accanto. Se non c’è neanche un’amicizia, un affetto profondo, tutto diventa una facciata per far tornare i conti.
Ci sono dentro anche mille altre questioni come il denaro, la posizione sociale: la gatta che si è attaccata a questo tetto che scotta ma da cui non scende, perché le da una posizione che nella sua vita non ha mai avuto, e anche se scotta, non scende.
Lo stigma dell’omosessualità ovviamente è ancora più attuale se si pensa all’America di oggi, dove sono tornati certi tabù, le bandiere LGBT vengono tolte, cos’ come i fondi per la ricerca sociale. È chiaro che c’è un ritorno a quel clima di non accettazione, quindi questo è un link perfetto. E soprattutto torniamo a una centralità, soprattutto nella società americana (ma in tutto il mondo del denaro), del denaro, che diventa il metro di qualsiasi cosa.
Il dramma affronta desideri repressi, sessualità negate, inganni e una grande e generale ipocrisia. Come dialogano questi temi con il pubblico moderno?
Questi temi dialogano perché sono parte stessa dell’umano. In questo senso Leonardo ha spogliato lo spettacolo di una temporalità, l’ha portato in una sorta di tempo epico da tragedia greca. Queste pareti di marmo sembrano veramente travalicare i millenni. Non credo che ci siano modi specifici per parlare con la contemporaneità. Si parla con l’umano, e si dice all’umano di stare attento alle menzogne che si racconta, di stare in ascolto con sé stesso per poter stare in ascolto degli altri. Bisogna avere una tensione verso l’autenticità, per quanto sia impossibile e per quanto sia fallimentare. Perché l’autenticità è impossibile, essere sé stessi non è un traguardo raggiungibile, è un mito. Però la tensione allo smascherarsi, quella deve essere sempre presente, perché se a un certo punto si cede dilaga la menzogna, e alla fine si soffoca e per sopravvivere devi attaccarti all’alcol, o al suicidio, o ad essere una donna mancata se non hai un figlio, e quindi magari fingi una gravidanza, come succede nella gatta della gatta. Oppure, come l’altra donna che è tale solo per la sua identità di portatrice degli eredi, una sfornatrice di figli. Queste sono persone sconnesse con sé stesse e l’unica identità che hanno è il ruolo sociale che gli viene dato, appunto, dal contesto in cui vivono.
Cosa speri che il pubblico porti con sé dopo aver visto “La gatta sul tetto che scotta”?
Non lo so, è molto soggettivo come io posso vivere uno spettacolo rispetto a come può vivere il mio vicino di poltrona. Non ho un progetto su che cosa voglio che il pubblico pensi.
Intanto vorrei che stesse con noi in questa storia e in ascolto con quello che gli capita: può capitare rabbia, può essere catartico, può essere asfissiante. Può essere per molti, appunto, il confronto con un cancro, con un padre che sta morendo, il rifiuto dell’idea della morte da parte della famiglia, della madre. Queste cose aprono anche molte memorie. Per qualcuno sarà anche un po’’ fare i conti con la propria storia. Questo riguarda un po’ tutti, perché i lutti fanno parte dell’esistenza esattamente come le nascite. Semplicemente spero che potremmo essere abbastanza forti per poter tenere per mano chi ci sta guardando in questo viaggio, per quanto faticoso e difficile sia. Leonardo non cerca di intrattenere, non obbliga il pubblico a seguirlo, gli chiede di farlo, e quindi una parte della fatica la deve fare il pubblico che sceglie volutamente di stare con noi e di proiettarsi addosso le proprie cose personali, quello che vede in quello che sta succedendo.
“La gatta sul tetto che scotta” è in scena al Teatro Ivo Chiesa da mercoledì 19 a domenica 23 novembre. Mercoledì e venerdì lo spettacolo inizia alle ore 20.30; giovedì e sabato – 19h30; domenica – 16h00.
Info e biglietti telefono 010 5342 720;
e-mail teatro@teatronazionalegenova.it;
biglietteria@teatronazionalegenova.it
Su Redazione
Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela BiaginiMessaggi correlati
Ultime Notizie
-
ALL’IVO CHIESA FAUSTO CABRA È BRICK NE “LA GATTA SUL TETTO CHE SCOTTA”. L’INTERVISTA: «BISOGNA AVERE UNA TENSIONE VERSO L’AUTENTICITÀ »
Dal 19 al 23 novembre Teatro Nazionale ospita l’iconico dramma...
- Pubblicato a Novembre 18, 2025
- 0
-
“TARTUFANDO” COMPIE DIECI ANNI E TORNA IN PIAZZA SARZANO CON STREET FOOD, MUSICA E DIVERTIMENTO
Dal 20 al 30 novembre il cuore di Genova accoglie...
- Pubblicato a Novembre 18, 2025
- 0
-
Musica e letteratura alla Biblioteca La Millenaria: Calamaro e Lombardo presentano il loro nuovo libro “In carrozza con Paganini”
CAMOGLI (GE) – Alle 17.30 di oggi, 18 novembre, la...
- Pubblicato a Novembre 18, 2025
- 0
-
L’Ariston celebra i 35 anni di “Quei Bravi Ragazzi” di Scorsese, in sala fino al 19 novembre
GENOVA – In occasione dei 35 anni dall’uscita sul grande...
- Pubblicato a Novembre 18, 2025
- 0
-
“Oltre” e “Il Grande Vuoto” di Fabiana Iacozzilli in scena al Modena nell’ambito del Festival dell’Eccellenza al Femminile
GENOVA – Sul palco del Teatro Modena storie di dolore,...
- Pubblicato a Novembre 18, 2025
- 0
-
Proseguono alla Tosse gli appuntamenti con la rassegna di danza “Resistere e Creare”, tre spettacoli tra il 19 e 20 novembre
GENOVA – Danza e performance al Teatro della Tosse nell’ambito...
- Pubblicato a Novembre 18, 2025
- 0
-
Musica e grandi classici a Stradanuova: mercoledì la Dark Session per l’ascolto dei Radiohead e “A Christmas Carol” giovedì
GENOVA – Stradanuova si fa ambasciatrice della musica e dell’ascolto...
- Pubblicato a Novembre 18, 2025
- 0
-
ALLERTA GIALLA PER MALTEMPO SUL PONENTE E IL CENTRO DELLA LIGURIA: DALLA MEZZANOTTE SCATTA IL PROVVEDIMENTO
La regione sarà interessata da temporali, a tratti anche...
- 14 Novembre 2025
- 0
-
RAFFICA DI NUOVE APERTURE IN CENTRO CITTÀ: BESUGO, LEVI’S E UN FAMILY BAR TRA LE ULTIME NOVITÀ
Il marchio simbolo del denim approderà sotto i portici...
- 13 Novembre 2025
- 0
-
Inaugurato davanti all’Acquario il totem divulgativo di sensibilizzazione sull’impatto dei mozziconi nel mare
GENOVA – Genova si fa promotrice del progetto “Il...
- 13 Novembre 2025
- 0
-
Euroflora, parte il countdown: sabato fiorisce la fontana di piazza De Ferrari
GENOVA – La Superba si prepara alle giornate di...
- 6 Aprile 2018
- 3
-
IL FUOCO IN UNA STANZA, IL COLLETTIVO “INTIMO MA NON MATURO” DEGLI ZEN CIRCUS
Comincia da Genova l’instore tour degli Zen Circus, che...
- 5 Marzo 2018
- 3
-
“WATERFRONT DI LEVANTE”: IL REGALO DI RENZO PIANO A GENOVA
Renzo Piano ha donato oggi il progetto “Waterfront di...
- 31 Ottobre 2017
- 3














Devi essere loggato per postare un commento Accedi