L’ARTE DEL FALLIMENTO COME FRATTURA POLITICA: ANTONIO TAGLIARINI ALLA TOSSE PER «RIDARE LUCE ALLO SFIGATO CHE C’È IN NOI». L’INTERVISTA

Di il 5 Novembre 2025

Il 6 e il 7 novembre il pluripremiato performer torna ai Teatri di S. Agostino con “La foresta trabocca”, uno studio somatico di suoni e luci sul corpo e sulle sue trasformazioni nei momenti di crisi. Appuntamento con il regista e Gaia Ginevra Giorgi anche a venerdì prima dello spettacolo con “Teste Danzanti”, ciclo di incontri ad accompagnamento di alcuni titoli REC25

GENOVA – Il fallimento come chiave di frattura della società del successo; il paradosso del movimento della perdita che riporta alla luce un umano sistema di sconfitte. Questi sono i temi centrali de “La foresta trabocca”, lo spettacolo del premio Ubu Antonio Tagliarini in scena al Teatro della Tosse il 6 e 7 novembre nell’ambito della rassegna di danza internazionale “Resistere e Creare”. Dopo un lungo percorso di ricerca tra corpo, suono e trasformazione, l’artista porta sul palco genovese un progetto che nasce dal desiderio di ritornare al movimento e alla danza, ma anche dalla volontà di interrogare – attraverso il corpo e il suono – temi profondamente politici e umani come il fallimento, la crisi e la trasformazione.

Ispirato da “L’arte queer del fallimento” di Jack Halberstam e dal romanzo “La foresta trabocca” della scrittrice giapponese Maru Ayase, lo spettacolo intreccia dimensioni fisiche e poetiche creando un paesaggio performativo in cui tutto si trasforma: il corpo, lo spazio, la luce, il suono e persino lo sguardo del pubblico, coinvolto attivamente in un gioco di domande.

In questa conversazione con GOA Magazine, Antonio Tagliarini racconta la genesi de “La foresta trabocca”, la collaborazione con Gaia Ginevra Giorgi e con la light designer Elena Vastano, e riflette sul senso del “praticare il fallimento” come gesto politico e possibilità di rinascita.

“La foresta trabocca arriva a Genova al Teatro della Tosse dopo un lungo percorso di ricerca. Qual è l’origine di questo progetto?

Avevo voglia di fare un progetto in cui ritornavo al corpo, al movimento, alla danza. Dopo un lungo periodo di collaborazione con Daria (Deflorian) in cui il lavoro sullo spazio sul corpo era molto presente ma soprattutto nelle fasi di ricerca, meno negli spettacoli, ho voluto rimettermi un po’ questo livello di ricerca.

È successo che ho iniziato a fare uno studio – che ho anche presentato da qualche parte – che si intitola “Emersione. Un’andatura un po’ storta ed esuberante”, che era comunque un lavoro che aveva comunque a che fare con me e in cui ho chiamato a collaborare con me alcuni artisti tra cui Maria Borsillo e Gaia Ginevra Giorgi. Dopodiché nello sviluppo di questa fase ho deciso di invitare Gaia a fare un lavoro di ricerca: lei ha messo in moto un lavoro sul suono e su registrazioni – lei è anche una sound artist – e io ho individuato due testi che mi hanno abbastanza guidato e per cui è nato questo lavoro che si intitola “La Foresta Trabocca”.

Tagliarini in scena

Il tema su cui si fonda lo spettacolo è il fallimento. “Praticare il fallimento” può sembrare un paradosso, soprattutto in una società che esalta il successo. Cosa vuol dire, per te, fallire in scena? 

Sì, mi ha guidato “L’arte queer del fallimento”, questo testo teorico di Jack Halberstam. Ho letto e riletto questo testo in cui lui apre la questione del fallimento come una possibile frattura al sistema, un sistema che invece è molto competitivo, dove i vincitori sono sempre posti come punto di traguardo, e dove invece noi pratichiamo il fallimento: siamo circondati da falliti, cerchiamo anche di ridare “luce” allo sfigato che c’è in noi, a non essere sempre all’altezza di quello che il sistema ci chiede. Per cui in qualche modo fa un discorso profondamente politico, quello della frattura del sistema, perché fratturando il sistema si riesce a metterlo in crisi. Si parte appunto da questa questione, che in realtà è molto complessa, perché da una parte appena parliamo di fallimento tutti noi abbiamo vissuto dei fallimenti, personali, professionali, fallimenti di progetti ecc. Nel momento in cui viviamo il fallimento ci sentiamo completamente inadeguati rispetto a noi stessi, al mondo e al sistema. Però è vero che lui dice pratichiamolo, accettiamo tutta questa parte – che fa parte di noi – proprio come sistema di frattura politica.

Essendo questo un lavoro che vuole essere più legato al corpo e a un sistema sonoro non sapevo bene come mettere in moto questa cosa. Ad un certo punto ho avuto questa intuizione: appena lo spettacolo inizia sia io che Gaia siamo in piedi che aspettiamo il pubblico – che è seduto intorno a noi, allo spazio scenico – e iniziamo a dare ad ognuno delle domande che abbiamo creato noi legate proprio alla questione del fallimento, all’essere inadeguato, al perdersi, a cosa ti succede quando ti perdi, alle deviazioni, che rapporto abbiamo con gli imprevisti. Da una parte queste domande sono quasi come degli oggetti di scena che tu poi ti porti a casa, allo stesso tempo però è un biglietto che noi chiediamo possa essere o depositato sullo spazio scenico o dato a uno dei performer, per cui questo meccanismo crea un sistema di legame con il pubblico intorno ma che interrompe una costruzione drammaturgica che si compone durante lo spettacolo.

Antonio Tagliarini e Gaia Ginevra Giorgi in scena

Parlando invece del titolo, perché “La foresta trabocca”?

Gaia Ginevra Giorgi in una residenza mi da questo romanzo di una giovane scrittrice giapponese (Maru Ayase). Il titolo (dello spettacolo) viene fuori da questo romanzo ma dil libro ha formato il lavoro senza però poi essere esplicito dentro di esso. Nel racconto c’è una giovane donna giapponese che in un momento di crisi totale sulla sua vita ingoia una ciotola di semi. Questo atto la porta a una metamorfosi, si trasforma pian piano in una foresta che trabocca, che trabocca da ogni parte, non soltanto nella casa. Suo marito mentre sta per tornare già nel quartiere comincia a vedere piante mai viste, stanno già cercando di contenere questa questa infestazione. Torna a casa e si rende conto che la stanza è diventata una foresta infinita in cui lui entrerà, si perderà ma riuscirà finalmente di nuovo a incontrare veramente questa donna. Questo romanzo ha proprio informato lo spettacolo, mostrando che da momenti di grande crisi si riesce ad avere una trasformazione e creare uno spostamento nella propria vita, sorprendente ma anche luminoso.

Parli di “flusso somatico” e di un corpo che si riorganizza fino alla soglia della trasformazione. Cosa succede al corpo durante “La foresta trabocca”?

Il corpo, per cui il movimento e il lavoro somatico di ricerca, sono completamente in relazione con tutto il soundsystem, su tutto il sistema sonoro che Gaia mette in moto e suona dal vivo in quel momento. Già questo è un elemento di variazione, in più (il corpo) deve mettersi in relazione anche con le domande, con questi fogliettini che arrivano chissà quando e come. C’è una continua relazione, se c’è un’interruzione viene interrotto, tutto si sposta in base ai vari input fino ad arrivare al punto in cui addirittura questo corpo sprofonda dentro un buco, dentro una voragine. In quel caso io sprofondo sotto il tappeto danza e ci sarà anche un momento di lavoro sotterraneo. Però grazie a questo momento, quando risalirò, ne uscirò io sicuramente trasformato, ma anche il paesaggio intorno viene trasformato: il paesaggio diventa collinare, diventa un altro paesaggio atmosferico anche per il pubblico seduto tutto intorno.

Sul palco con te, come già detto, ci sarà Gaia Ginevra Giorgi che lavorerà live sul suono della performance. Elena Vastano si occuperà invece delle luci. In che modo queste componenti dialogheranno tra loro?

Sì, con Elena (Vastano) abbiamo fatto un progetto di luci. Da una parte volevamo fare un lavoro atmosferico, anche perché, avendo il pubblico seduto tutto intorno, non potevamo accecarli, come ogni scelta questo crea delle caratteristiche e dei limiti. Quindi diciamo un lavoro molto atmosferico e molto mobile: ad un certo punto io mi permetto di portare uno di questi bigliettini anche a lei per vedere come quel bigliettino può trasformare anche l’elemento non solo scenico performativo, di movimento o di sound – anche Gaia raccoglie le domande – ma anche dal punto di vista della luce. Ad un certo punto in cui anche nella luce risiederà un input esterno.

LA FORESTA TRABOCCA sarà in scena il 6 e il 7 novembre alla Sala Agorà dei Teatri di S.Agostino

CREDITI

con Antonio Tagliarini e Gaia Ginevra Giorgi
progetto sonoro Gaia Ginevra Giorgi
cura del suono Emanuele Pontecorvo
progetto luce Elena Vastano
direzione tecnica Cosimo Ferrigolo
costumi Matteo Brizio

coproduzione INDEX; Triennale Milano Teatro; Ass. Cult. A.D. residenze artistiche Triennale Milano Teatro; Spazio Matta; spazioK.Kinkaleri – Centro di Residenza Regionale con il supporto di Casa degli Artisti di Milano, centro di residenza e produzione

e con il supporto di MiC – un Ministero della Cultura
foto di scena Lorenza Daverio

BIGLIETTI: intero 18 euro, under 28 alla prima 10 euro

Prima dello spettacolo alle ore 19 l’incontro “Teste danzanti” con Antonio Tagliarini e Gaia Ginevra Giorgi, Elisa Guzzo Vaccarino, (critica e studiosa di danza) e Vito Matera (de “Le sacre du Printemps”, in scena alla Tosse dal 7 al 9 novembre).

Teste danzanti è un ciclo di incontri organizzati per accompagnare alcuni spettacoli di Resistere e Creare e pensati per fornire un’occasione di incontro e confronto tra le persone che — attraverso la propria presenza, i propri corpi e le proprie idee — danno vita alla rassegna: pubblico, artisti, performer e studiosi. Un accompagnamento alla visione dello spettacolo che, di volta in volta, introdurrà la performance o si svolgerà al termine della replica, per dare spazio a un vorticare non solo di corpi, ma anche di domande e riflessioni condivise.

Su Redazione

Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela Biagini

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