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FUORI IL NUOVO ALBUM DELLA GENOVESE CHIARA ATZENI “ESODO”: «VOGLIO SUPERARE IL DOLORE SENZA DIMENTICARE»
La giovane cantautrice racconta nel disco uscito oggi su tutte le piattaforme digitali la storia dei suoi nonni sullo sfondo dell’esodo giuliano dalmata in un viaggio attraverso le radici e la memoria familiare
di Alessia Spinola
GENOVA – Può la musica essere un mezzo per dar voce a una vicenda rimasta nell’ombra della storia? La risposta è si e lo dimostra Chiara Atzeni, cantautrice genovese il cui ultimo album “Esodo” è uscito oggi, venerdì 29 marzo, su tutte le piattaforme digitali.
Anticipato dal singolo “Dove sei”, “Esodo” è un concept album che trae ispirazione dalla storia dell’esodo giuliano dalmata per svilupparsi poi in un racconto introspettivo di più ampio respiro, incentrato sulle tematiche del non ritorno, dell’abbandono e della ricerca delle proprie radici. Il disco uscito oggi rappresenta l’evoluzione in musica dell’omonimo libro di Chiara Atzeni, in cui si narra una storia d’amore sullo sfondo delle travagliate vicende che travolsero l’Istria, il Quarnaro, Fiume e Zara quando passarono dall’Italia alla Jugoslavia. Sono le stesse vicende che costrinsero la famiglia della cantautrice ad abbandonare la propria terra, le proprie case, il senso stesso della propria vita.
Goa Magazine ha intervistato Chiara Atzeni. Di seguito un racconto intimo e personale, che viaggia tra ricordi passati e sogni futuri, ma con un obiettivo ben in mente: rendere la sua musica un mezzo tramite il quale la gente possa rispecchiare il suo dolore e ritrovarsi.
In che contesto nasce l’album “Esodo”?
Nasce sicuramente dalla mia storia familiare e dalla volontà di far conoscere questa storia che per tanti anni è stata un po’ omessa. Adesso invece se ne parla molto di più o lo si fa anche in termini controversi, nel senso che a volte viene anche un po’ strumentalizzata. La mia volontà è proprio quella di raccontare i sentimenti e le emozioni che stanno dietro a questa vicenda, non è un racconto storico.
Ad aprire l’album è la title-track “Esodo”, nel cui testo si può leggere: “in una valigia troppo piccola chiusi la mia storia”. Qual è la storia dei suoi nonni, a cui è dedicato il brano?
La persona che parla nel brano è la mia nonna materna e nel testo io racconto la storia di tutti e due i miei nonni. Mia nonna viveva sulle isole del Quarnaro, mentre mio nonno era un militare italiano che si era ritrovato lì a fare la guerra. Si sono quindi conosciuti in quell’occasione ma poi si sono lasciati perchè mio nonno è dovuto scappare. Dopo anni, mia nonna è venuta in Italia con l’esodo nel ’49 e si sono ritrovati dopo 5 anni qua a Genova. La stessa storia l’ho raccontata anche nell’omonimo libro uscito oggi insieme al disco.
Il 10 febbraio è il “Giorno del ricordo”, in memoria delle vittime dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati dalle loro terre nel secondo dopoguerra. Cosa le ha raccontato la sua famiglia di quel periodo? Qual è stata la loro esperienza?
Nella mia famiglia si parlava poco di questa storia perché aveva stravolto talmente tanto la vita che non se ne raccontava in modo esplicito, ma in modo implicito. Ho vissuto questa storia in quanto naturalmente era dentro la quotidianità. Se ne parlava ma i miei nonni non amavano farlo perché evidentemente era troppo doloroso.
La sua è una scrittura intima e introspettiva, è forse un modo per andare alla ricerca delle sue radici?
Sicuramente gli eventi che hanno interessato la mia famiglia due generazioni prima si ripercuoto ancora adesso, anche in maniera inconscia. È come rielaborare un lutto, un vissuto che è stato quasi cancellato per due generazioni perché non c’era il coraggio di affrontarlo e ora ho il distacco necessario per affrontare questa storia.
Che sogni ha per questo nuovo album?
Per me è già stata una soddisfazione quando ho pubblicato il singolo “Esodo” tre anni fa: mi hanno contattata tante persone, come figli e nipoti di esuli, e mi piace che tanta gente si possa rispecchiare in questa storia e riconoscere il loro dolore e le loro emozioni.
Qual è il messaggio principale che vuole trasmettere con “Esodo”?
In “Esodo” ci sono tanti messaggi, non solo uno. Quello dell’esodo probabilmente è il principale perché è quello che ha dato il motore al progetto, ma c’è anche la voglia di andare avanti, di superare il dolore e lasciare da parte i rancori, senza però mai dimenticare. Nel disco in realtà non parlo solo dell’esodo, ma è stata la scintilla che ha fatto scattare tutto. Tutte le tematiche all’interno sono legate alla nostalgia e al non ritorno: questo disco è quello che rimane dell’esodo.
Quante cose sono cambiate dal suo esordio ad oggi?
Io ho avuto una carriera altalenante ma sicuramente ora io ho più a fuoco i miei obiettivi e quello che per me è la musica, ovvero la mia professione, in quanto insegno chitarra classica al liceo. Il fatto di non dover vivere con le mie canzoni mi rende più libera di espirmermi come voglio e oggi mi sento più consapevole e matura.
Qual è il ricordo più bello che ha della sua carriera musicale?
Proprio l’uscita di “Esodo”, perché ho visto l’utilità della musica e come trasformare qualcosa di negativo in arte possa aiutare anche le altre persone ad essere riconosciute. Mi ha dato molta soddisfazione e mi ha fatto venire in mente quello che diceva De Andé, ovvero che le canzoni sono come dei vagoni dove tu carichi delle parole e in questo modo riescono a viaggiare.
Pensa che il panorama musicale genovese sia favorevole per i giovani cantanti esordienti?
Il panorama italiano in generale non è molto favorevole, ma non per gli esordienti in generale, per il cantautorato. Genova è un ambiente molto chiuso ed è difficile trovare locali in cui suonare perché i gestori preferiscono ospitare magari band che fanno cover piuttosto che un artista che richiede un ascolto più attento.
Qual è la fiamma che alimenta la sua musica? Qual è il segreto per mantenerla sempre accesa anche di fronte agli ostacoli?
Per me fare musica è sempre stato un bisogno, soprattutto lo scrivere. Io lo sento quindi come tale, non ho il desiderio di diventare famosa, ed è proprio questo bisogno che mi muove.
Su Redazione
Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Claudio Cabona, Giovanna Ghiglione e Giulio Oglietti. Le foto sono a cura di Emilio Scappini. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela BiaginiMessaggi correlati
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