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UGO DIGHERO È “L’AVARO” DI MOLIÈRE: «LA CONTRAPPOSIZIONE TRA CONSUMISMO E CONSERVAZIONE TRASFERITA SU UN PALCOSCENICO»
L’attore genovese, reduce dal successo della serie tv Blanca, presenta in esclusiva la commedia diretta da Luigi Saravo e interpretata al fianco della moglie Mariangeles Torres: «Nello spettacolo la sete di denaro è lo specchio della realtà in cui viviamo: porterà inesorabilmente al fallimento»
GENOVA – A vederlo bene L’Avaro di Molière, con protagonista Ugo Dighero, è una visione prospettica di un grande classico riadattato in chiave moderna. Che non solo rivendica la verve comica di un attore formatosi sul palco di un teatro, proprio al Modena (allora dell’Archivolto), ma tocca temi di stretta attualità come la contrapposizione tra consumismo e conservazione, sentimenti e denaro. Lo spettacolo, al debutto questa sera al Teatro Modena e in scena fino al 26 novembre, proietta lo spettatore in una dimensione che oscilla tra passato e quotidiano, commedia e riflessione. La pièce è diretta da Luigi Saravo e interpretata dall’attore genovese al fianco della moglie Mariangeles Torres.
Il nostro giornale ha intervistato Dighero a poche ore dal debutto anticipando i contenuti dello spettacolo e toccando temi che abbracciano attualità, parabola professionale e mondo della recitazione.
Ugo Dighero, nel suo L’Avaro prevale la contrapposizione tra due visioni economiche, consumismo e conservazione: c’è tanto di attuale nello spettacolo al debutto questa sera?
Nello spettacolo si rintracciano alcuni elementi che ci riportano al mondo di oggi. C’è la battaglia tra il consumismo, che si traduce in un costante inseguimento del denaro a dispetto anche dell’affetto per i propri figli dediti al gioco, e la conservazione, con un protagonista che ricicla e risparmia per accumulare ricchezze. È un gioco al contrario nella dinamica domestica in cui si ambienta la commedia: sembra un paradosso ma è un chiaro rimando ad una visione di una realtà molto attuale.
Arpagone, il personaggio che interpreta, oscilla tra la tentazione di spendere perché ossessionato dagli spot pubblicitari e il desiderio di non intaccare il suo patrimonio per sfruttare più guadagni possibili attraverso anche il matrimonio dei figli: chi la spunterà?
Arpagone è bombardato dalla pubblicità di cui ne diventa prigioniero. Per lui rappresenta una tentazione costante. Ma l’avaro è conservativo, ricicla, risparmia, non consuma; i suoi figli sono schiavi del consumismo, che dovrebbe essere ormai chiaro a tutti, ha fallito. Perché si basa su una bufala, quella della crescita infinita. Mentre il pianeta ci sta presentando il conto. Quindi alla fine perdono un po’ tutti.
Qual è, in definitiva, il messaggio che intende trasmettere il suo Avaro di Molière?
Che l’avarizia è un difetto che divora da dentro e che porta inevitabilmente alla distruzione. È il messaggio fuorviante che lo spettacolo vuole lasciare di un mondo illusorio che rappresenta la via verso la rovina.
Come è iniziata la sua carriera teatrale e chi l’ha più influenzata nella scelta di questo percorso?
Ho iniziato proprio al Teatro dell’Archivolto, oggi Modena, con Pina Rando e Giorgio Gallione. Gallione in particolare è stato un regista per me illuminante capace di riadattare testi di romanzi classici e di portarli sul palcoscenico. Quella di Sampierdarena era una bella compagnia che nel mio percorso ho considerato fondamentale.
Senta, lei stasera tornerà nel luogo del “delitto”, il Teatro Modena appunto, dove a metà degli anni Ottanta iniziò la sua parabola grazie anche al sodalizio con Stefano Benni. Che tipo

di sensazione prova nel tornare a casa?
C’è sempre tanta emozione, le dico la verità. Genova e il Modena li considero un po’ come una seconda casa. Benni mi riporta alla mente lo spettacolo L’Amlieto che fu una sorta reinvenzione di un grande classico in chiave comica e moderna. Al mio fianco c’erano i Broncoviz, Maurizio Crozza, Carla Signoris, Mauro Pirovano e Marcello Cesena. Fu un grande successo tanto che in seguito lo spettacolo fu portato in televisione (nel 1997 sbarcò su Rai Due, n.d.r.).
Nell’anno del centenario della nascita di Italo Calvino fu proprio uno degli omaggi a lui dedicato, Angeli e soli…siam venuti su dal niente…, sempre per la regia di Giorgio Gallione, a consacrarlo come attore di teatro. È solo una coincidenza?
Fu uno spettacolo straordinario che vinse in quell’anno il “Biglietto d’Oro”. Fu una grande intuizione di Giorgio Gallione che rivoluzionò un testo e lo portò in forma originalissima su un palcoscenico. La particolarità dello spettacolo era data dal fatto che ogni attore interpretava due personaggi nello stesso spettacolo.
Nella sua carriera è passato dalla commedia al dramma, dal teatro alla televisione, dalla radio al cinema, mostrando un ecclettismo straordinario. Sono caratteristiche che ritiene debba avere anche un attore moderno?
Il percorso fatto mi ha consentito di formarmi su diversi fronti ma nello stesso tempo di divertirmi. Il fatto di interpretare personaggi così differenti, passare da un genere all’altro, lo ritengo un valore aggiunto per un attore e non un limite. In Italia ciò accade raramente, all’estero è una caratteristica naturale che si richiede ad un interprete.
Lei passò dai successi teatrali a quelli televisivi iniziati con i Broncoviz, a fianco di Maurizio Crozza e Carla Signoris, e proseguito poi con personaggi televisivi come Giulio, in un “Un medico in famiglia”, e più recentemente Leone Ferrando, il papà di Blanca nell’omonima serie. Qual è la differenza tra recitare a teatro e in televisione?
Il teatro e il cinema sono due grammatiche diverse. Recitare su un palco richiede maggiore concentrazione e si percepisce il contatto con il pubblico. È un’esperienza che ogni volta arricchisce molto. Il cinema e la televisione sono più frammentate: i ciak sono brevi e si è circondati da macchine da presa e microfoni. Sono due esperienze diverse ma molto utili entrambe.
A proposito di Blanca: Genova, la sua città natale, si sta trasformando in una città sempre più da set cinematografico. La stupisce la cosa oppure non la sorprende?
Blanca ha svelato le bellezze della nostra città agli occhi dell’opinione pubblica. Genova è un set naturale con la campagna, il mare, gli scorci del centro storico, Credo sia naturale che uno sceneggiatore decida di ambientare una serie in una realtà come la nostra. Per cui, non mi stupisce affatto.
Dovesse scegliere uno dei personaggi che ha interpretato, tra teatro, cinema e tv: qual è quello a cui si sente più legato?
Sicuramente il protagonista del Mistero Buffo di Dario Fo. Lo porto in giro da 35 anni e ogni anno faccio 15/20 repliche. Ormai fa parte del mio dna.
L’Avaro di Molière con protagonista Ugo Dighero, è in scena al Teatro Modena dal 14 al 26 novembre.
Info e biglietti su: www.teatronazionalaegenova.it
Su Tomaso Torre
Giornalista pubblicista dal 2003, è fondatore e direttore responsabile di GOA Magazine. Appassionato di arte, cultura e spettacoli ha collaborato per anni con diverse testate locali occupandosi di cronaca ed attualità, sport e tempo libero. “Ho sempre coltivato il sogno di realizzare un prodotto editoriale dinamico e fluido che potesse rispondere alle esigenze informative di un pubblico sempre più competente ed avanguardista”.Ultime Notizie
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