“Mistero Buffo”: omaggio, innovazione e attualità

Di il 12 Novembre 2025

Di Francesca Lituania

L’interpretazione di “Mistero Buffo” che Ugo Dighero porta in scena da
ieri sera al Teatro Eleonora Duse è un autentico atto di devozione
esegetica e un omaggio a un’opera che ebbe nel 1969 un successo
popolare immenso tanto da “rovesciare un luogo comune invalicabile”
(Dario Fo) rivoluzionando il teatro italiano e restituendogli la
perduta funzione sociale. L’attore genovese, che vide l’opera in
gioventù e ne trasse motivazione per proseguire la carriera artistica,
ripropone il testo originale con una tecnica complessa lodato dalla
critica per l’energia e il tempi incalzanti, superando con successo il
rischio di cadere nell’imitazione, apportando nuovi suoni, gesti e
verbi con una destrezza delicata: come si modifica una ricetta di
famiglia, in aggiunta mai in detrazione, con amore e rispetto,
assolvendo l’eredità ricevuta da Fo di un teatro in fieri, che si
trasforma secondo le epoche, che parla la lingua del popolo
restituendone oltre la voce il pensiero. Dighero definisce i testi del
Maestro una “Ferrari che bisogna saper guidare” e in trent’anni si
conferma perfetto nel ritmo e nelle espressioni che cambiano marcia
all’improvviso: il “grammelot”, il linguaggio di pancia di giullari e
popolani, un pastiche di suoni che unisce onomatopee e fonemi attinti
dai dialetti dell’Italia settentrionale (veneti-lombardi), scorre
sciolto, coadiuvato da una mimica continua e immediata nonché da un
trasformismo rapido e fisico dove i ruoli si susseguono incalzanti. La
scelta di Dighero come dramaturg, attore e regista si concentra su due
monologhi chiave che ben sintetizzano la filosofia foiana: “Il Primo Miracolo di Gesù Bambino” e “La Parpàja Tóppola”. Il primo, dal
repertorio di “Mistero Buffo”, è tratto dai Vangeli Apocrifi, nello
specifico del Pseudo-Matteo, che tanta fortuna ebbero nella
spiritualità popolare umanizzando il sacro: è una parabola di
sensibilità popolare e di sconvolgente attualità politica. Mentre
episodi come “La Resurrezione di Lazzaro” stigmatizzano la Chiesa
quale strumento di spettacolo e profitto e “Bonifacio VIII” presenta
una satira spietata contro l’arroganza del potere temporale, Gesù
diventa l’archetipo del “foresto” (viene soprannominato
“palestina”), dell’emigrato povero, dell’escluso,
connettendosi direttamente alle crisi migratorie contemporanee
diventando un profugo eterno la cui rabbia infantile e il potere
disordinato (un banale litigio tra bambini chiosa in un evento
prodigioso) si manifestano come unica risposta possibile
all’emarginazione. Dall’altra parte, “La Parpaja Tóppola”, tratto dai
fabliaux medievali, dialoga con “La Fame dello Zanni”. Mentre il
monologo dello Zanni è un grido disperato della disuguaglianza
economica e della fame fisica che spinge all’auto-cannibalismo onirico,
la Parpàja, storia di un contadino ingenuo che, trovatosi ricco,
diviene preda di intrighi e cupidigia, si concentra smascherandoli, con
il suo linguaggio rapido e travolgente, su alcuni dei mali sociali
moderni ora come allora: la corruzione morale borghese, la manipolazione
sessuale, l’avidità, l’arrivismo,  la logica utilitarista dei
rapporti. L’unione tra il sacro divenuto umano e l’oscenità satirica
sottolineano il doppio registro del teatro popolare: la demistificazione
e la denuncia senza filtri. Il vero cuore dello spettacolo è far
rivivere l’essenza del teatro di contestazione, dimostrando come il
linguaggio e la satira spietata siano ancora attuali e continuino a far
presa nel pubblico contemporaneo. Dighero, portando avanti l’idea di
Fo e Rame del teatro che si conferma come  “il giornale parlato del
popolo” (Dario Fo) e luogo di scambio ideologico o quantomeno che
tenta di aprire quella “crepa capace di mandare in crisi le certezze,
di mettere in forse le opinioni, di suscitare indignazione, di aprire un
pò le teste”(Dario Fo), chiude il suo spettacolo con una sua critica
in versi ai potenti di oggi: che sia condivisibile o meno rappresenta
l’omaggio migliore possibile al pensiero e all’opera del premio
Nobel.  Mistero Buffo si conferma come un capolavoro insindacabile, il
tramite tra la saggezza popolare e la denuncia sociale che si rinnova ad
ogni rappresentazione.

Mistero Buffo. Il primo miracolo di Gesù bambino e La parpaja topola. di Dario Fo e Franca Rame al Teatro Eleonora Duse

Repliche: Mercoledì 12/11/2025 20:30. Giovedì 13/11/2025 19:30

Produzione
Teatro Nazionale di Genova. Interpretazione e regia
Ugo Dighero. Info e biglietti telefono 010 5342 720; e-mail : teatro@teatronazionalegenova.it;
biglietti@teatronazionalegenova.it

Su Redazione

Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela Biagini

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