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MARINA MASSIRONI RACCONTA IL SUO OTELLO: «LA TRAGEDIA È QUELLA DI DESDEMONA, NOI PARTEGGIAMO CON LEI»

La vincitrice del David di Donatello e Nastro d’Argento per “Pane e tulipani” sarà a Genova sabato 18 ottobre al Teatro Gustavo Modena per il XXI Festival dell’Eccellenza al Femminile. L’artista ha presentato lo spettacolo a GOA Magazine, ribadendo il suo stretto legame con il capoluogo ligure
di Alessia Spinola
GENOVA – Ogni epoca ha il suo Otello. C’è quello di Shakespeare, divorato dalla gelosia, quello di Verdi, travolto dal melodramma, e ora c’è quello di Marina Massironi, che con “Ma che razza di Otello?” (testo di Lia Celi, regia di Massimo Navone) lo riporta tra noi, nel XXI secolo, con il sorriso di chi sa che le tragedie antiche non smettono mai di parlarci. In scena sabato 18 ottobre al Teatro Gustavo Modena per il XXI Festival dell’Eccellenza al Femminile, lo spettacolo intreccia musica dal vivo e umorismo per raccontare come i temi di potere, amore, gelosia e manipolazione continuino a riverberare nella società contemporanea.
Sulle note della musica per arpa arrangiate ed eseguite dal vivo da Monica Micheli, la tragedia di Shakespeare diventa una cavalcata comica tra Cinquecento e Ottocento, dove l’umorismo si intreccia alla musica e alle contraddizioni del nostro tempo. Tra una risate e riflessioni, “Ma che razza di Otello?” invita il pubblico a guardare con occhi nuovi la più fosca delle passioni umane, perché, come accade spesso nel teatro di qualità, è proprio la leggerezza a rivelare le verità più profonde. Lo spettacolo è prodotto da MDSpettacoli.
Artista poliedrica, un David di Donatello e un Nastro d’argento come migliore attrice non protagonista per il film «Pane e tulipani», storica spalla di Aldo, Giovanni e Giacomo, l’attrice lombarda presenta lo spettacolo a GOA Magazine, ribadendo il suo stretto legame con la città di Genova e il suo teatro
Cosa aspettarsi dallo spettacolo? Cosa rende l’Otello ancora attuale?
Io, dagli spettacoli, non mi aspetto mai nulla. In generale, non ho aspettative: propongo qualcosa e poi osservo che cosa mi ritorna. Forse sarebbe un po’ sbagliato partire con delle aspettative. Certo, questo è uno spettacolo che porto in scena da un po’ e so che suscita reazioni attente, perché la scrittura crea dei cortocircuiti con la realtà di oggi. La tragedia viene assolutamente rispettata: non si tende a ridicolizzarla, proprio perché affronta temi che, purtroppo, ci toccano da vicino. Oltre al femminicidio, emerge infatti anche il tema della manipolazione dell’individuo, un aspetto molto sentito e purtroppo sempre più evidente.
Poi, naturalmente, il nostro Otello a un certo punto smette di essere il protagonista, e il centro della scena passa a Desdemona. In fondo, tutte queste tragedie in cui le donne muoiono portano titoli maschili. Ma in questo caso, la vera tragedia è quella di Desdemona, non di Otello.
Shakespeare è stato riscritto e reinterpretato in mille modi. Cosa rende questa versione diversa dalle altre?
È uno spettacolo che tocca molti temi: Shakespeare ha sicuramente un ruolo importante, perché è necessario per raccontare Otello, ma la sua figura di autore non è al centro. Il dramma shakespeariano rimane come base, come matrice che ritroviamo anche nelle riscritture successive, e mantiene quindi il peso che gli spetta. Verdi, che chiamava Shakespeare “il papà”, era profondamente ispirato dalle sue tragedie. E dico tragedie perché Verdi amava le storie d’amore e di morte — come racconteremo nello spettacolo — ed era quindi molto più attratto da quelle che dalle commedie di Shakespeare.
Come cambia lo sguardo quando a raccontare le passioni universali è una donna?
Il punto di vista femminile è al centro stesso dello spettacolo: è stato scritto da una donna e le musiche sono state arrangiate da un’altra. In scena con me c’è Monica Micheli, che suona l’arpa e ha rielaborato gran parte della partitura dell’Otello verdiano. Le musiche di Verdi che esegue sono infatti frutto di un suo lavoro personale: ha adattato la partitura orchestrale per un solo strumento, l’arpa — una scelta molto particolare. È stato un lavoro complesso, ma anche di grande valore artistico.
Qui, insomma, il racconto è affidato alla musica e a uno strumento profondamente “femminile”: l’arpa. È costruito da un’arpista che è una donna, da un’attrice che è un’altra donna e da un’autrice che, a sua volta, è una donna. Insomma, gli sguardi femminili sono molti — oltre, naturalmente, a quello di Desdemona, per cui non possiamo che parteggiare.
Oggi gelosia e manipolazione si manifestano anche online: credi che l’Otello contemporaneo vivrebbe la sua tragedia sui social network?
Assolutamente sì. Nel nostro spettacolo facciamo riferimento anche ai social, pur senza trasporre la tragedia ai giorni nostri. Ci sono, però, momenti in cui si parla di “tempeste” — anche in riferimento a Verdi. Quando poi arrivò Wagner e la musica cambiò, rinnovandosi profondamente, si scatenò una vera e propria shitstorm: allora finì sui giornali, oggi accadrebbe sui social.
C’è un messaggio che speri arrivi al pubblico, magari legato al modo in cui oggi affrontiamo temi come la gelosia, il potere o la diversità?
In realtà sono molti. C’è tutto il racconto dell’opera, che può invogliare — almeno per come l’ho visto accadere anche con i più giovani — a riscoprire il melodramma e l’opera lirica. Oggi ci sembrano mondi lontani, mentre nell’Ottocento erano il pane quotidiano, il teatro di tutti. Questo spettacolo può quindi diventare un punto di partenza per avvicinarsi di nuovo a quel linguaggio, magari andando ad ascoltare altre opere.
C’è poi un’importante riflessione sul femminicidio e sui ruoli maschili e femminili, sui modelli culturali che li definiscono. Sono temi verso cui siamo tutti molto sensibili, e credo che proprio questi aspetti restino più impressi. Non siamo certo i primi a sollevarli: lo spettacolo è nato nel 2016 e, purtroppo, continua a essere attuale. Sembra che non si riesca ancora a cambiare davvero le cose. Parlare di questi argomenti è necessario — forse il contributo più utile che possiamo dare è proprio quello di continuare a discuterne insieme.
Lo spettacolo, seppur divertente, fa riflettere su quanto la violenza e il possesso siano ancora presenti nelle relazioni di oggi. Come riesci a far passare questi temi con leggerezza senza sminuirne il peso e quanto il teatro può avere la capacità di sensibilizzare su queste tematiche?
l lato divertente nasce proprio dal modo in cui raccontiamo, con continui riferimenti alla realtà di oggi. Ci sono poi alcune caratterizzazioni di personaggi in cui, provocatoriamente, mi capita di interpretare Shakespeare in un modo non proprio lusinghiero — ma sempre con intento narrativo. Credo però che, quando si entra davvero nel cuore della tragedia e nei suoi temi più profondi, lo spazio per ridere si riduca molto.
Tu sei stata diverse volte a Genova per il tuo lavoro. Qual è il tuo rapporto con la città e con il teatro genovese?
Sì, sono felicissima di tornare a Genova, anche se questa volta sarà proprio una toccata e fuga. Genova per me è un po’ una seconda casa: negli ultimi anni ci ho trascorso molto tempo, da quando ho portato in scena La donna che sbatteva nelle porte con Gallione. Poi sono tornata con Agata e la tempesta di Soldini, e praticamente ogni anno — o quasi — torno a teatro con lo spettacolo. È una città che amo molto, dove ho costruito relazioni importanti che continuano a vivere nel tempo.

Su Redazione
Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela BiaginiUltime Notizie
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