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“La Sacre du printemps” al Teatro della Tosse Secondo i Dewey Dell: la recensione
di Francesca Lituania
GENOVA – La Sacre du printemps, andata in scena al Teatro della Tosse dal 7 al 9 novembre, ha costituito un banco di prova per i massimi coreografi del XX secolo (da Massine a Béjart e Bausch) e trova la sua ultima e più intellettualmente fedele all’originale metamorfosi nel collettivo italiano Dewey Dell. Fondato nel 2006 dai fratelli Castellucci e Vito Matera, il gruppo è già nel nome, riprendendo la figura primitiva e ossessiva del romanzo di Faulkner, Mentre Morivo (As I Lay Dying), manifesto di intenti sull’indagare la lotta viscerale per la vita, l’ineluttabilità della morte e l’istinto ancestrale di sopravvivenza. La loro acclamata versione 2023, la cui prima assoluta si è tenuta nel 2023 alla Triennale Teatro di Milano, ha trionfato aggiudicandosi il Premio DANZA&DANZA 2023 come “Migliore Produzione Italiana” e una nomination ai Premi Ubu per i migliori costumi. I Dewey Dell si confermano artisti performativi a tutto tondo: non si limitano alla danza (di Teodora Castellucci), ma plasmano l’intera drammaturgia distaccandosi dal folclore e dalla sessualità delle precedenti reinterpretazioni per concentrare la performance sul ciclo di rigenerazione biologica e la forza del regno animale e vegetale. La rappresentazione consolida uno dei timbri identitari della compagnia, già evidente in opere precedenti come Deriva e The Meeting: la danza primordiale, con movimenti eseguiti con potenza fisica, plastici e brutali che attingono da capacità ginniche e acrobatiche, trasformando la scena in un campo di battaglia. L’impatto scenico è forte, conquista dall’inizio con l’attesa dell’esplosione di suoni e forme: i costumi e le maschere non sono banali accessori, ma dispositivi di trasformazione scenica che contribuiscono a creare creature ibride ma evocative dell’entomofauna che si muovono su un palcoscenico che, grazie al disegno luci e scenografico, esalta il movimento della lava, sottolineando l’energia del rito che coinvolge tutti gli elementi e tutti gli esseri viventi. Questa dimensione figurativa è ben rappresentata da figure come l’animale sui trampoli; i danzatori, in questo contesto, utilizzano la loro fisicità per trascinare Le Sacre nel caos della natura, depurandola dagli elementi emotivi, uno “sconquasso di tutti gli elementi” che accomuna insetti, semi e muffe, con movimenti che richiamano esplicitamente le pitture rupestri, come già in Sleep Technique (2017) – “Una risposta alla caverna di Chauvet-Pont d’Arc in Ardèche, Francia”. Il colpo di genio, lodato dalla critica, è l’uso del bruco, simbolo per eccellenza della trasformazione che apre la scena e torna nel finale per divorare letteralmente la caverna dentro cui si svolge l’intera danza. Chiudere l’opera non con la farfalla, ma con il bruco che fagocita la scena, sottolinea la natura ciclica, violenta e infinita della rigenerazione, consolidando la visione dei Dewey Dell come l’ultima, profonda e riuscita rappresentazione di un balletto che si conferma contemporaneo in ogni epoca.
Le Sacre du printemps (1913) costituisce una cesura epocale nella storia della musica e della danza, e la sua genesi onirica ne accresce il fascino. Igor Stravinsky compose l’opera a seguito di una visione notturna in cui una vergine danza fino all’estremo sacrificio per propiziare la fertilità della terra. Il musicista, in rottura con gli ideali post-romantici e in adesione al nazionalismo del precursore Gruppo dei Cinque, divenne uno dei principali fautori del Primitivismo, movimento che mirava al superamento delle influenze europee occidentali attraverso la riscoperta delle origini pre-cristiane della Russia. Avvalendosi delle conoscenze archeologiche e artistiche di Nikolaj Roerich, il compositore utilizzò il folklore slavo e le ricostruzioni accademiche dei rituali di prosperità per dare voce al moto primordiale della rigenerazione: l’epifania si concretizzò nei “Quadri della Russia pagana in due parti” (L’Adorazione della Terra e Il Sacrificio). L’opera fu commissionata dall’impresario Sergej Djagilev per i Balletti russi e debuttò a Parigi: “Il 29 maggio 1913 Le Sacre du printemps esplose come una bomba tra gli ori e gli avori del Théâtre des Champs-Élysées. Fu uno ‘Scandalo’ storico, una battaglia paragonabile a quella scatenata un secolo prima dall’Hernani di Victor Hugo” (Rubens Tedeschi, n. 18 Amadeus 1991). Lo scandalo scaturì dal binomio tra la musica “brutale,” con la sua politonalità disarmonica e il martellamento ritmico, e la coreografia visceralmente primordiale di Vaclav Nižinskij. Nonostante l’esordio controverso, il Sacre fu presto riconosciuto come capolavoro visionario e divenne un autentico archetipo culturale: la sua fortuna risiede nelle pulsazioni ritmiche telluriche che rievocano il rito feroce e atavico di fertilità e che fanno risuonare le corde ancestrali dell’irrazionalità umana.
CREDITI
Musica originale: Igor Stravinskij
Concept e regia: Dewey Dell
Con: Agata Castellucci, Teodora Castellucci, Alberto “Mix” Galluzzi, NastyDen, Francesca Siracusa
Coreografia: Teodora Castellucci
Dramaturg, Disegno luci e scena: Vito Matera
Assistenza alla coreografia e Produzione: Agata Castellucci
Esecuzione musicale registrata: MusicAeterna, diretta da Teodor Currentzis, 2013
Suoni: Demetrio Castellucci
Costumi: Dewey Dell, Guoda Jaruševičiūtė
Realizzazione costumi e oggetti di scena: Carmen Castellucci, Vito Matera, Plastikart studio
Realizzazione scena: Laboratorio scenografia Pesaro di Lidia Trecento
Documentazione video: Eva Castellucci, John Nguyen
Produzione: Dewey Dell
Coproduzione: progetto RING (Festival Aperto – Fondazione I Teatri Reggio Emilia, Bolzano Danza – Fondazione Haydn, FOG Triennale Milano Performing Arts, Torinodanza Festival, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale), Macalester College / Dipartimento di Teatro e Danza, BIT Teatergarasjen
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