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Il coro Polyphoniae Studium il 23 giugno eseguirà a Genova il Requiem di John Rutter

GENOVA – «Un Requiem per i nostri tempi». Così il compositore inglese John Rutter, classe 1946, definì il suo stesso lavoro dedicato alla memoria del padre. Parole quanto mai efficaci: l’opera, datata 1985, in inglese e in latino, rappresenta infatti un intreccio moderno di fede e spiritualità, capace di guidare l’ascoltatore in un percorso musicale dal buio alla luce, dalla disperazione alla speranza.
Non è un caso che proprio il Requiem di John Rutter fu scelto per accompagnare le celebrazioni all’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001. Tuttavia, nonostante il successo nel mondo anglosassone, in cui si contano centinaia di esecuzioni, il Requiem di John Rutter è ancora una partitura poco frequentata in Italia.
Il Polyphoniae Studium, diretto dal maestro Francesco Lambertini, è dunque fiero di proporre, il 23 giugno alle ore 20.45 alla Basilica di Santa Maria Immacolata, in via Assarotti 24 a Genova (ingresso a offerta libera, foto copertina di Monica Ghirlanda), il Requiem di John Rutter nella versione per coro misto, soprano solo, organo e cinque strumenti: flauto, oboe, timpani, glockenspiel e arpa.
Per l’ensemble vocale, che conta una quarantina di coristi, si tratta del coronamento di un lungo percorso di studio, iniziato prima della pandemia e interrottosi proprio alla vigilia dell’esecuzione, a causa delle restrizioni imposte dalle misure di contenimento del contagio. Poco più di tre anni dopo, il lavoro è stato ripreso sotto la guida del maestro Lambertini e, in virtù dell’esperienza accumulata dai singoli cantori, si è arricchito di quei significati che oggigiorno si possono attribuire alle parole più pregnanti del testo, ovvero il culmine spirituale e musicale dell’opera:
“He that believes in me shall never die”, chi crede in me non morirà mai.
«Il nostro è stato un lavoro carsico» dice il maestro Francesco Lambertini «nel pieno rispetto della partitura, siamo andati a sviscerare i molteplici significati dell’opera, spesso nascosti negli equilibri e nei chiaroscuri chiesti dal compositore. Proprio nel contrasto tra suono, sussurro e silenzio è la forza di questo lavoro, la cui unicità richiede una certa padronanza espressiva che cercheremo di restituire appieno».
Come per altre performance, a cominciare dal Requiem K626 di Wolfgang Amadeus Mozart, eseguito lo scorso anno alla Basilica dell’Immacolata e nella chiesa di San Donato, il Polyphoniae Studium si avvale della collaborazione di giovani musicisti, accanto a solisti più esperti: Barbara Maiulli (soprano), Christian Mauriglio (organo), Federico Vallerga (flauto), Angelica Larosa (oboe), Carola Puppo (violoncello), Massimo Giallombardo (percussioni), Eva Randazzo (arpa).
C. S.

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