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ELIO ESPOSITO PORTA AI DAVID DI DONATELLO UN CORTO SULLE PORTATRICI D’ARDESIA: «MOGLI E MADRI OLTRE CHE LAVORATRICI»

Le riprese di “Quell’ultima nota d’amore – Prie Neigre” sono state effettuate principalmente a Cogorno e parte del ricavato verrà devoluto in beneficenza alla Fondazione Gigi Ghirotti
di Alessia Spinola
GENOVA – È in concorso per i David di Donatello 2024 un cortometraggio Made in Genova. Si tratta di “Quell’ultima nota d’amore – Prie Neigre”, produzione dell’associazione culturale Theatron. La storia narra di una vicenda d’amore ambientata a fine Ottocento e inserita nel mondo buio delle cave d’ardesia e delle loro portatrici che, a piedi nudi, portavano sulle loro spalle il peso delle lastre e del contesto maschilista cui erano sottoposte. Il cortometraggio è stato girato principalmente a Cogorno. Il soggetto è tratto da un racconto di Elio Esposito ed è proprio lui a raccontarci di più di questa storia.
Da cosa nasce l’idea di raccontare la storia delle portatrici d’ardesia?
Dall’aver percorso la strada dell’ardesia e aver visitato una cava, poi una telefonata con la vice sindaca di Cogorno Enrica Sommariva, che ne è diventata musa ispiratrice . In realtà il film non vuole, né ha la presunzione di raccontare la storia di queste grandi lavoratrici, ma solo inserire una storia d’amore in un contesto storico molto particolare.
Qual è stato il lavoro svolto per reperire tutte le informazioni storiche e soprattutto per realizzare l’ambientazione del tempo con i rispettivi dettagli sul set?
Ci siamo affidati a scritti, e a testimonianze di gente locale, foto storiche, l’episodio raccontato nel film è romanzato, dove ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale, è stata creato per rendere appassionante il racconto. Non ci risulta una storia simile realmente accaduta. Ma la vera violenza nel film è l’esistenza di queste donne, costrette dall’esigenze della vita, e forse non solo, a percorrere sette chilometri al giorno per almeno tre volte al giorno con delle pesanti lastre di ardesie sulla testa, fino alle spiagge dove li attendevano i “Leudi“, e altrettanti al ritorno su strade sdrucciolevoli a piedi scalzi, chi non percepisce violenza in questo non avrà mai la sensibilità di comprende qualsiasi tipo di brutalità. Per per i dettagli abbiamo avuto l’aiuto di persone del luogo che ci hanno fornito persino attrezzi, location, e cucito abiti, la cava è stata fornita dal Comune di Cogorno e il Leudo, dall’ Associazione Amici del Leudo di Sestri Levante a cui vanno i nostri ringraziamenti.
Quali sono le difficoltà, se ci sono state, che avete incontrato durante le riprese?
Tante difficoltà, legate alle condizioni del tempo, alla realizzazione delle location, ad avere attori che entrassero nella parte. Per fortuna grazie all’aiuto di Maura Oliva, sceneggiatrice e aiuto regista, Lucia Vita, regista, Umberto Passeri, operatore, e a tanti altri amici sono state superate. Desidero ringraziare tutto il cast quasi cinquanta persone tra attori e comparse, un record per un corto.
Cosa spera di trasmettere agli spettatori con questo cortometraggio?
Intanto una bella storia d’amore vissuta in un contesto di povertà, con un bel finale, una descrizione del mondo in cui è nata, ma tanto delle donne che hanno dato un grande contributo al benessere del Tigullio. Non dimentichiamo che oltre a essere lavoratrici erano mogli e madri con altri impegni molto gravosi, soprattutto per l’epoca.
Guardando la sua bibliografia si evince che questa non è la prima storia a sfondo storico che racconta, deriva da qualcosa di specifico questa sua inclinazione?
Credo che non si possa affrontare il presente senza conoscere il passato, oggi le nuove generazioni sono disinteressate alla storia, forse perché semplicemente nessuno gliela racconta. Ad esempio, nei miei libri, nei miei film, tratto spesso temi sociali, quali l’omofobia, la violenza sulle donne, lo sfruttamento, la violenza assistita, sono tutti mali con radici antiche, dobbiamo estirparle, ma per farlo dobbiamo capire da dove nascono e spesso un libro, un racconto, un film possono aiutare a farlo
Quali emozioni ha provato nello scrivere questa storia?
Tanta tenerezza per la storia d’amore che, seppur inventata di sana pianta, mi ha commosso, e tanto rispetto e pena per quelle donne e uomini che hanno vissuto vite di fatica, per i cavatori morti di silicosi in giovane età di cui mai nessuno parla, tra cui il nonno di mia moglie. Provate ad entrare in una cava, osservate le pareti graffiate dai picconi, sentirete l’umidità del luogo, l’acqua che scorre, il freddo, disagi che hanno vissuto uomini che spesso lavoravano sdraiati, perché non c’era lo spazio per stare in piedi, e nessun sindacato a proteggerli, ma solo la minaccia di essere licenziati, non è violenza questa?
C’è qualche persona in particolare a cui vorrebbe dedicare questo progetto?
Si, a una donna realmente esistita, che più di sessant’anni fa nel Levante Ligure ha avuto una tragica fine per mano del marito. Una madre che nessuno più ricorda, ma di cui casualmente ho conosciuto la storia.
Il primo passo una volta terminato il cortometraggio è stata l’iscrizione ai David di Donatello, quali altri progetti ha per questa storia?
I nostri film sono autoprodotti, e ogni eventuale ricavo viene sempre devoluto ad associazioni come ANFFAS, questo stesso racconto, è stato donato ai Fratelli Frilli Editore, che l’hanno inserito in una raccolta “NOTE IN NOIR”. Parte del ricavato andrà alla Fondazione Gigi Ghirotti, associazione che si occupa di assistenza socio sanitaria e cure palliative a domicilio. Il film parteciperà a concorsi nazionali e internazionali, portando con sé un pezzetto di Liguria e spero benessere a chi è meno fortunato di noi.
È soddisfatto del risultato finale o c’è qualcosa che, ripensandoci, cambierebbe?
Non si è mai soddisfatti, e ogni film che rivediamo con i miei collaboratori vorremmo migliorarlo. L’errore è sempre dietro l’angolo. Poi penso agli strafalcioni di Kolossal come il Gladiatore, dove si vede una bombola di gas esplodere su una biga e allora ci diciamo: con i nostri pochi mezzi.. abbiamo già fatto tanto.
Cosa si prova a vedere un proprio racconto scritto diventare un cortometraggio con degli attori che danno un volto e una voce ai personaggi che lei ha creato?
Un’ emozione indescrivibile, ma anche una lotta con sceneggiatori, che dovendo trasformare le parole in immagini spesso vanno in contrasto con l’autore. Ma su una cosa sono irremovibile: i sentimenti che muovono i miei personaggi, le loro caratteristiche non devono mai essere modificate e devo dire che in questo sono stato sempre accontentato .

Su Redazione
Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela BiaginiMessaggi correlati
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