DIETRO LE QUINTE DELLA NUOVA SCENA: INTERVISTA A ZAZZA. QUANDO LA MUSICA DIVENTA MOLTO PIÙ DI UNA CARRIERA

Di il 20 Giugno 2025

GOA Magazine incontra il produttore, beatmaker e project manager di Genova per scoprire i meccanismi “behind the scenes” delle nostre playlist

di Giorgia Di Gregorio

GENOVA – Dietro le quinte delle hit che ascoltiamo ogni giorno, ci sono volti che lavorano nascosti, plasmando suoni, guidando progetti, creando visioni. Uno di questi è Alessandro Zaami, in arte Zazza – classe ’99, beatmaker, produttore e project manager che da una passione viscerale per la musica coltivata tra banchi di scuola e sessioni di beatbox, è riuscito a trasformare la propria creatività in una carriera concreta.

Dall’esibirsi per le strade di Genova a collaborare con artisti internazionali: Zazza ha costruito il suo percorso passo dopo passo, mantenendo sempre al centro l’autenticità e un forte senso di comunità. Oggi lavora nel cuore pulsante dello studio Waves Music, dove continua a produrre musica, seguire artisti e coltivare progetti con l’ambizione di diventare una figura guida per le nuove voci della scena.

In quest’intervista a GOA Magazine il produttore ci racconta i suoi inizi, le sfide del mestiere, le connessioni più significative e qualche consiglio per chi sogna di fare della musica la propria vita.

Presentati al pubblico di GOA. Quali sono stati i tuoi inizi musicali e quando sei riuscito a trasformare la tua passione in carriera?

Piacere, io sono Alessandro Zaami, in arte Zazza. Ho 26 anni, vecchissimo per il mondo della musica, e la mia occupazione principale è il produttore/beatmaker. Poi nel tempo libero mi occupo di gestire degli artisti come project manager e lavoro qui (allo studio di registrazione “Waves Music”) come assistente fonico. 

Il mio percorso parte da molto piccolo, io faccio musica da 13 anni, quando ho detto basta, io voglio fare questo nella vita. Principalmente con le superiori ho iniziato ad approcciarmi nello specifico al beatbox, che è un po’ stata la cosa che mi ha aperto al mondo del rap e dell’hip hop in generale. Grazie a internet e a YouTube avevo visto uno di quei video famosissimi di beatbox, sono impazzito, proprio ossessionato. Lo facevo in classe, infatti il mio vicino di banco mi tirava i coppini. Così per cinque anni, ovviamente con dei level up, nel senso che poi ho iniziato a suonare per strada, che è stata un’esperienza molto formativa, in bene e in male.

Poi sempre attraverso il beatbox ho iniziato un po’ ad entrare in contatto anche col mondo della musica rap. All’inizio mi ricordo che facevo le produzioni coi suoni del beatbox, cosa terribile, infatti ho tolto tutto da internet, dal mio computer, che spero prenda fuoco così non rimane traccia di niente.

Da lì ho iniziato un po’ a smanettare su “Ableton”, che è il programma che uso per produrre. C’è questo aneddoto simpatico: il PC che avevo a casa non mi reggeva il programma. Allora andavo a casa di questo mio amico, shoutout a Pietro Maggi, e mi ricordo che andavo a casa sua a rompere i coglioni tipo alle tre del pomeriggio e gli dicevo «mi fai smanettare?». Così per un paio di mesi. Poi dopo anni e anni di pratica, sono riuscito a crearmi un po’ una mia carriera. 

Il momento in cui ho capito che ci poteva essere uno sbocco lavorativo è stato nel 2022, avevo appena finito l’università, studiavo chimica. Determinate cose mi stavano andando molto bene, già da due anni lavoravo con diversi artisti e produttori esteri, più o meno grandi, e quindi ho iniziato ad avere un po’ i primi soldi da questa attività.

Vedendo un po’ la situazione lavorativa in Italia, ho detto, beh, per andare ad ammazzarmi in azienda o fare quello che amo, faccio quello che amo. Quindi mi sono buttato a capofitto in questa cosa. Adesso è da due anni che abbastanza tranquillamente si riesce a campare. 

Ph Edoardo Cartoni

Beatmakerproject manager, produttore: spiegaci in cosa consiste il tuo lavoro

Il mio lavoro consiste nel fare la musica su cui poi le persone cantano. Nella tecnica ci sono tanti aspetti di questo lavoro. Banalmente nel fare una canzone c’è tutta una parte legata prettamente alla musica, quindi la melodia, la ritmica, eccetera. Tu puoi avere una canzone, puoi avere la voce che fa delle cose, la base che ne fa delle altre. I classici arrangiamenti: strofa, bridge, ritornello. Questo in generale si chiama fare l’arrangiamento, cioè creare quel tipo di struttura.

Poi c’è tutta la parte legata proprio all’audio Quando l’artista viene, si registra, gli si danno delle direttive dal punto di vista dell’intonazione, del timbro. Se uno va a vedere ci sono tantissime piccole parti di cui mi occupo. Però in senso più generico il mio, per usare un termine inglese, endeavor principale è fare le basi. Adesso da due annetti ho iniziato anche a fare da project manager, che poi sostanzialmente, secondo me, è un’estensione di quello che vorrei fosse la mia carriera. Dopo anni e anni di riflessioni ho capito che mi piacerebbe molto avvicinarmi a una figura come può essere un Dr. Dre, quella persona che prende e segue il percorso di un artista, sia dal punto di vista musicale sia di carriera, cercando di creare un’estetica sonora. Sto cercando di trasformarlo in questa cosa qua di dire, bella, vieni nel mio covo, dove si lavora, si fa la musica, si studiano delle strategie, si studia un metodo, si applica, fine. 

Chi, tra le persone con cui hai avuto occasione di lavorare, ha lasciato un’impronta significativa nel tuo percorso?

Tra le persone che mi hanno dato di più umanamente, ma anche a livello artistico, (ci sono) anzitutto tutti i ragazzi di Genova con cui ho avuto il piacere di lavorare: Guesan, Zero, Gorka, Sayf, sono persone che identifico come importanti per il mio percorso artistico perché in quel momento hanno creduto in me, mi hanno dato uno spotlight e una possibilità per lavorare a dei progetti. Recentemente ho avuto un’esperienza molto figa, mi sono beccato in studio con Rhove, che è una persona meravigliosa.

Ho vissuto tutto un periodo di due anni in cui ho avuto tanto interscambio con l’estero, grazie soprattutto alla drill, che ha fatto nascere una sorta di microclima, un microambiente di produttori che lavoravano e mandavano beat a gente all’estero e in Italia. Ti parlo di artisti grossi. Per dire, qua a Genova uno dei miei collaboratori più stretti si chiama Oscar Zero: lui da Molasana, che cosa ne so, ha piazzato Meek Mill, Baby Gang.

Io a mio modo ho avuto dei placement più all’estero. A mio nome ci sono magari canzoni con 5-6 milioni di ascolti e dici «figo, no?». Quindi sono stato catapultato un po’ in quel mondo. Ho avuto la fortuna di lavorare con tanti produttori esteri veramente, veramente forti. Anche qua in Italia c’è una scena di produttori veramente in gamba. Quell’esperienza in generale è stata molto bella e formativa per me, perché mi ha dato una finestra per capire che c’è letteralmente il mondo fuori da qua e che non è così difficile arrivare a un artista che non è italiano, e che magari è anche famoso.

Io non me lo sarei mai aspettato, se me lo avessero detto quando ho iniziato, avresti prodotto dei pezzi in America famosi (non ci avrei creduto). 

Ph Edoardo Cartoni

Quanto è importante creare e potersi appoggiare ad una community?

Ad oggi, se tu vuoi un minimo prendere questa cosa con serietà e dire «sono un artista, voglio cercare di fare questo di lavoro», devi renderti conto anzitutto che la musica è un investimento gigante, quindi dovrai investire un sacco di soldi e avrai bisogno di appoggiarti a delle figure professionali. Creare la community è più una roba del mio carattere.

È un piacere se posso far conoscere delle persone che magari hanno degli interessi simili. Ho un codice morale molto stretto e per me è fondamentale vivere la vita così e portare questa attitudine anche nel mio lavoro. C’è l’artista, cerco un team di persone, assemblo, faccio un po’ da collante e poi da lì si parte, no? 

Per me poi la community è un qualcosa di più umano. Una cosa di cui vado molto fiero di tutti questi lavori che sto seguendo è il fatto che comunque tutti i ragazzi che lavorano con noi, dai fotografi ai videomaker, sono persone che se domani ci vedi il venerdì sera tutti a un tavolo dici «ok, questo qua è un gruppo di amici». E questa secondo me è una cosa fondamentale.

Per me è importante fare le cose con uno spirito di leggerezza e di tranquillità. Io voglio che le persone quando sono sul set di un video o sono in studio con me si sentano come a casa. Tu (l’artista) devi essere qui tranquillo e avere la libertà di esprimere le tue emozioni con la tua arte. 

In questo periodo in realtà sto scrivendo, sto ultimando un corso dedicato al beatmaking, sempre seguendo un po’ la mia etica lavorativa, perché penso che ci sia un grado di disinformazione su questo tema che è per me scioccante. Un sacco di persone non hanno idea di come funzioni veramente il mondo della musica. Cito questa cosa perché se potessi tornare indietro nel passato e ci fosse una figura come la mia che mi spiega certe cose (pagherei). 

Quali sono delle dritte che ti senti di dare a chi vorrebbe intraprendere un percorso nel tuo campo?

Sicuramente per me la cosa più importante è questa: se uno sceglie questo tipo di percorso, lo deve scegliere per una questione puramente di passione e non per una questione monetaria. In primis fare i soldi con questa roba è un casino. Il mondo della musica è il classico ambiente winner’s take all, ci sono dieci persone che hanno tutto e mille persone che non hanno niente. Quindi secondo me la prima cosa è quella: se uno lo fa, lo deve fare per passione e perché ha un amore sincero nei confronti della musica. Questo poi si traduce in un divertirsi, fare le cose per divertimento.

Quindi il primo punto è la passione, poi ce ne sarebbero altri mille, però quello è proprio fondamentale, senza passione non si va da nessuna parte. 

Siamo giovani, non facciamoci scoraggiare da come sta andando il mondo, da come vanno le cose. Siamo giovani, mettiamoci in gioco, giochiamo e cambiamo le cose, fine. Questo è il messaggio che ho per i ragazzi.

Gang shit!

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Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela Biagini

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