“CAVALLERIA RUSTICANA” RIPORTA IL DRAMMA E LA POESIA DI MASCAGNI SUL PALCO DEL CARLO FELICE

Di il 6 Novembre 2025

L’opera andrà in scena dal 14 al 23 novembre con la regia di Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi. Previsti due appuntamenti di approfondimento al Teatro Auditorium Eugenio Montale

di Alessia Spinola

GENOVA – Al Teatro Carlo Felice torna a vibrare la passione verista: Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni riaccende il palcoscenico con il suo fuoco drammatico e la sua struggente umanità, inaugurando il secondo titolo della Stagione d’Opera 2025/2026 che andrà in scena dal 14 al 23 novembre.

L’allestimento proposto riprende la produzione del Teatro Carlo Felice del 2019, ideata da Teatrialchemici – il duo artistico composto da Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi. Da anni i due registi fondono nei loro lavori il linguaggio teatrale con il gesto e la dimensione rituale, dando vita a un’opera che diventa esperienza condivisa e immersiva per il pubblico. Le scenografie portano la firma di Federica Parolini, i costumi sono curati da Agnese Rabatti, mentre il disegno luci è di Luigi Biondi. Francesco Traverso collabora come assistente alla regia e Anna Varaldo come assistente ai costumi.

La direzione musicale è affidata a Davide Massiglia, che guiderà l’Orchestra e il Coro del Teatro Carlo Felice, quest’ultimo preparato da Claudio Marino Moretti. Nel cast figurano Veronica Simeoni nei panni di Santuzza – eroina intensa e tormentata del teatro di Mascagni – insieme al Turiddu interpretato da Luciano Ganci e all’Alfio di Gezim Myshketa. Nino Chikovani vestirà i panni di Lola, mentre Manuela Custer sarà Mamma Lucia, incarnazione della saggezza antica e del dolore materno. Nelle repliche del 15, 21 e 23 novembre i ruoli principali di Santuzza, Turiddu e Alfio saranno interpretati rispettivamente da Valentina Boi, Leonardo Caimi e Massimo Cavalletti.

Per Cavalleria rusticana sono previsti anche due appuntamenti di approfondimento al Teatro Auditorium Eugenio Montale. Il primo si terrà giovedì 6 novembre alle ore 18: gli studenti del Liceo Musicale “Sandro Pertini”, in collaborazione con l’Associazione Carlo Felice Young, presenteranno l’opera ai loro coetanei e al pubblico interessato attraverso un incontro dal titolo Amore, gelosia e vendetta. Il secondo incontro è fissato per sabato 8 novembre alle ore 16 e vedrà protagonista Roberto Iovino, che dialogherà su Cavalleria rusticana e sulla nuova stagione teatrale italiana, in un evento organizzato insieme agli Amici del Teatro Carlo Felice e al Conservatorio Niccolò Paganini. Proseguendo nel percorso di avvicinamento e partecipazione del pubblico, già sperimentato con successo per Don Giovanni, vengono confermate anche le introduzioni all’ascolto: brevi incontri di circa mezz’ora, curati dagli studenti del Conservatorio “Niccolò Paganini”, che si terranno in Sala Paganini, 45 minuti prima dell’inizio di ogni recita, per offrire agli spettatori una chiave di lettura musicale e narrativa dell’opera.

La regia di Di Gangi e Giacomazzi ricolloca il dramma in un luogo sospeso tra arcaico e contemporaneo, un teatro greco che nel tempo si è trasformato in piazza: spazio fisico e simbolico in cui la comunità assiste al proprio rito collettivo. Le scene e i costumi evocano un paesaggio essenziale, dominato dalla pietra e dalla luce, in cui sacro e profano, religione e passione convivono
senza contraddizione. Per i due registi palermitani, il verismo di Mascagni non è realismo, ma trasfigurazione rituale: una tragedia mediterranea che parla di sacrificio, perdono e colpa, in cui il gesto quotidiano si fa mito.

Ambientata in un villaggio del meridione rurale, la vicenda si svolge in un solo giorno, la mattina di Pasqua. Santuzza, sedotta e abbandonata da Turiddu, scopre che l’uomo è tornato dalla sua antica amante Lola, ora moglie del carrettiere Alfio. Accecata dalla gelosia, Santuzza rivela il tradimento, innescando la spirale di violenza che condurrà alla morte di Turiddu. La tragedia non nasce dall’eccezionale, ma dal quotidiano: Mascagni e Verga raccontano la vita di un villaggio, la fede, la colpa, il perdono e la punizione. Tutto è semplice e irrimediabile. Il finale – «Hanno ammazzato compare Turiddu!» – risuona come un urlo antico, il grido di una comunità che assiste impotente al proprio destino. Quando il 17 maggio 1890 Cavalleria rusticana debuttò al Teatro Costanzi di Roma, l’Italia
musicale conobbe una svolta. Mascagni, allora sconosciuto ventiseienne vincitore del Concorso Sonzogno, impose una nuova idea di opera: breve, compatta, costruita su un flusso musicale continuo che intreccia melodia, colore e tensione drammatica. Come spiega nei suoi studi mascagnani Roberto lovino, «La musica è naturale veicolo di sentimenti ed espressione di moti d’animo. Da qui la predilezione per le passioni incontrollabili, colte nella loro immediatezza.

Per ottenere effetti perentori e gridati i compositori adottano una totale libertà metrica. Frasi spezzate di declamato si alternano a brevi frammenti melodici, le forme chiuse vengono abolite (almeno ufficialmente: nella pratica sopravvivono, seppur “mascherate”), sono eliminati i concertati: resistono i duetti, ma le voci si uniscono solo al culmine dei conflitti passionali. L’urlo entra nell’opera a pieno titolo. E l’orchestra ricerca effetti rumorosi e pesanti con violenti contrasti dinamici». Mascagni seppe dare voce alla realtà quotidiana con un linguaggio diretto e una freschezza melodica immediata, ma con un’orchestrazione di modernissima tensione e colore. La sua scrittura fonde spontaneità e costruzione, radicandosi nella tradizione ma aprendosi alla sensibilità del nuovo secolo. Dalla “Siciliana” al celebre coro iniziale “Gli aranci olezzano”, dalle invocazioni di Santuzza all’Intermezzo sinfonico, ogni pagina dell’opera vibra di un lirismo autentico e viscerale. L’Intermezzo, in particolare, è diventato icona del melodramma italiano: una sospensione del tempo, una preghiera senza parole che sublima la tragedia in commozione.

Biglietti su https://operacarlofelicegenova.it/spettacolo/cavalleria-rusticana/

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Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela Biagini

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