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“Lo Schiaccianoci”: la magia armena del Balletto di Tchaikovsky al Carlo Felice. La recensione
di Francesca Lituania
GENOVA – Quando Hoffmann pubblicò nel 1816 il racconto “Lo schiaccianoci e il re dei topi” (“Nussknacker und Mausekönig”) non avrebbe mai saputo che la storia del soldatino che schiaccia le noci con la bocca e di Marie/Clara/Masha sarebbe divenuto uno dei balletti più iconici e amati di sempre:una fiaba che ha conquistato il pubblico mondiale, in particolare durante le festività natalizie. Il soldatino nasce in un paesino della Germania al confine con la repubblica Ceca come forma di protesta pacifica contro le tasse che venivano imposte dai militari; l’idea funzionò e da allora è un giocattolo tradizionale, una sorta di nume tutelare della casa, magicamente la custodisce e la protegge. Nel 1892,Ciajkovskij compose la musica per “Lo Schiaccianoci” su libretto di Marius Petipa e Lev Ivanov, adattato da Alexandre Dumas padre, un balletto commissionato dal Teatro Mariinskij di San Pietroburgo in cui andò in scena il 18 Dicembre del medesimo anno. La rappresentazione a cura dell’Armenian National Ballet (direttore Karen Durgaryan) andata in scena ieri al Carlo Felice riprende la coreografia (Georgy Kovtun)voluta da Petipa ma in chiave più dinamica con tratti ironici (basti pensare al grande topo telecomandato che percorre la scena) che per concetto controintuitivo sottolineano la capacità di Tchaikovsky di trasmettere emozioni profonde attraverso la musica, tra cui la melanconia di cui è permeato “Lo Schiaccinoci”, differenziandosi dagli altri coevi compositori connazionali, come Mussorgsky, Rimsky-Korsakov e Borodin, che si concentravano sullo sviluppo della tradizione popolare russa, e di avvicinarsi ad un linguaggio musicale più universale, che univa il retaggio ruteno alla musica tedesca e francese (vedi l’introduzione della Celesta, o l’intuizione di usare sonagli e trombette simboli dell’infanzia) dando vita a opere che, pur mantenendo una forte identità nazionale, erano apprezzate a livello internazionale. La musica di Ciaikovskiè emotivamente complessa, meno interessata alla ricerca del puro stile: e’ focalizzata sull’espressione di sentimenti personali, rendendolo più vicino al linguaggio sinfonico del romanticismo europeo, ma con una “firma” unica. Nell’edizione dell’Armenian il fil rouge della storia è tenuto da Drosselmeyer (scoppiettante esecuzione di Grigor Grigoryan) che nel sogno di Marie veste come l’apprendista stregone di Fantasia e ci porta, prima nell’ intimità casalinga di una festa di natale, con giochi, bambini, danze e regali, poi nel mondo di fiaba dove tutto è ignoto e magico. La prima rappresentazione de “Lo Schiaccianoci” non ebbe successo, la sua popolarità crebbe negli anni, diventando un ever green natalizio e non solo; presente dei cartelloni annuali di tutti i teatri mondiali grazie anche alla duttilità degli stili di danza (dalla classica a alla moderna,a quella di popolare), ha mantenuto intatta la sua capacità di emozionare e di affascinare. Molte delle grandi compagnie di balletto internazionali, tra cui il Balletto Bolshoi, il Royal Ballet e il New York City Ballet, lo includono regolarmente nel loro repertorio sia per la possibilità di utilizzare diversi stili che per la tipica combinazione di narrazione e danza che ne acuiscono la spettacolarità:in un’atmosfera onirica i ballerini raccontano una storia di magia (il soldatino, il bravissimo Vahe Babajanyan che diventa un principe, l’appaluditissimo Yura Martirosian), mutazione (Il pas de deux tra Clara, appaludita calorosamente, Anahit Vasilyan e lo Schiaccianoci che rappresenta la trasformazione della protagonista da bambina ad adulta) e trionfo del bene sul male (la lotta contro i soldatini di Fritz, il prepotente, e il duello tra Lo schiaccianoci e il re dei topi, il frizzante Armen Zakaryan). “Lo Schiaccianoci” è molto più di un semplice balletto, è diventato un vero e proprio evento culturale globale superando i confini temporali e nazionali, entrando a far parte della cultura collettiva mondiale: l’Atto II del balletto, che si svolge nel “Regno dei Dolci” (bellissime scenografie di Vjaceslav Okunev, dove il regno di Fata confetto è una sorta di palazzo d’inverno con uova di Fabergè ricolme appunto di confetti) presenta una serie di danze tipiche di diverse nazioni, come la “Danza Spagnola o del cioccolato”, la “Danza Cinese o del tè”, la “Danza Araba o del caffè”, la danza russa” (basata sul teprak russo e ucraino) e “la danza degli agnelli e del pastore”, al carattere pedagogico della fiaba si unisce così l’intento ecumenico il tutto sulle ali di quella fantasia, che fa volteggiare nell’omonimo film di Walt Disney cardi, funghi, carpe, fiori, motore imperituro della mente umana.
Foto de Lo Schiaccianoci
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Opera Carlo Felice
Domenica 22 15:00,20:00
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