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Ultimi giorni per “L’equilibrio del caos”, la mostra di Jeanne Susplugas alla Stella Rouskova Gallery

GENOVA -Grande successo per la mostra dedicata a Jeanne Susplugas “L’equilibrio del caos” che prosegue alla Stella Rouskova Gallery fino al 31 marzo.
Il lavoro di Jeanne Susplugas ruota attorno al rapporto tra arte e scienza, ma non con gli ideali progressisti di Leonardo Da Vinci o con le apparecchiature mediche di Damien Hirst. Suspluglas con la sua pungente ironia porta alla luce le motivazioni che animano le industrie farmaceutiche e le conseguenze che i loro prodotti hanno sull’anima di chi ne fa uso.
Un set interamente bianco di cesti da frutta, bottiglie, piatti e candelabri fatto in ceramica è visibile su un tavolo, ma non bisogna farsi ingannare pensando che sia una semplice rivisitazione della natura morta. Il set rappresenta un assortimento di oggetti sottoposti a uno strano processo di purificazione cela delle confezioni di pillole, conferendo all’insieme l’aspetto di una dieta naturale e artificiale che manifesta al tempo stesso la comune intenzione di migliorare la salute fisica e mentale di un soggetto e le contraddizioni di come questo obiettivo viene spesso raggiunto.
Le riflessioni dell’artista sollevano domande scomode su temi come la disparità sociale e di sesso e il modo in cui nel corso della storia i disagi psicologici sono stati liquidati al meglio come un imbarazzo e al peggio come una condizione inaccettabile da essere neutralizzata al più presto.
Ciò che esprime maggiormente questo messaggio è “Hair” (2010-18), un raro autoritratto all’interno della produzione di Jeanne Susplugas. Ispirato all’iconica fotografia scattata da Gordon Matta-Clark nel 1972, l’immagine proposta da Susplugas da un punto di vista formale aderisce con variazioni minime all’originale, ma mentre la versione di Matta-Clark appare come una celebrazione del genio e sregolatezza che delineano in maniera convenzionale le qualità di un artista, quella di Susplugas ne descrive i limiti. La capigliatura scomposta di Matta-Clark, che per certi aspetti ricorda quella di Albert Einstein, è la trasposizione visiva del genio incompleto. Quella di Susplugas invece ci riporta alla gorgone Medusa e racconta una storia di stregoneria, follia e perdita del controllo che il sorriso benevolo dell’artista rende ancora più subdolo e contradittorio.
Si ha poi anche il dittico “Containers“, una fila di barattoli per medicinali dove su ogni etichetta il marchio è stato sostituito da una parola solo in partenza casuale. Visionata però la composizione nel suo insieme, ci si rende conto che forma la frase “Mentre tutte le davano le spalle si portò una mano alla bocca, ci sputò dentro la pastiglia, la mise in tasca e spense la luce”, un passaggio dal romanzo di Paolo Giordano “La solitudine dei numeri primi”.
Un’altra opera che vuole provare come questioni di questo tipo possano essere parte integrante della coatituzione psico-fisica di un individuo è “Arbre généalogique” (2015). Un simbolo di tradizione e storia come l’albero genealogico è qui raffigurato con pochi tratti, colori piatti e un’importante sostituzione: al posto dei nomi degli avi e degli antenati ci sono i nomi delle patologie che gli contraddistinguono.
Il disegno è con molta probabilità il mezzo espressivo più adatto a sostenere le tesi visive di Jeanne Susplugas. In questo senso abbiamo “In My Brain” (2017), una messa in scena di pensieri drammatici e gioiosi che l’artista ha assemblato dopo una serie di conversazioni avute con un neuroscienziato dell’Istituto Pasteur a Parigi (tematica oltretutto esplorata anche in un altro lavoro del 2020 improntato sulla realtà virtuale come I Will Sleep When I’m Dead). Disposte come una serie di vignette, figure ombrose, animali mitologici, tramonti romantici, lampadine che si accendono e minacciose telecamere di sorveglianza si alternano tessendo una rete di testimonianze sulla complessità e l’ambiguità dei pensieri che abitano il nostro cervello, e su come questi ci permettono di relazionarci al mondo attraverso un processo di auto-analisi che l’intervento della medicina può aiutare ma anche danneggiare in maniera irreversibile.
CS.

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Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela BiaginiUltime Notizie
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