COSA RESTERÀ DEL PONTE MORANDI
Cinque punti per chiedersi cosa rimane nella mente e nel cuore dei genovesi del viadotto tanto amato e criticato
GENOVA – Cosa resterà del Ponte Morandi. Una nuvola di polvere che si è dissolta nell’aria metafora della fine di un incubo che i genovesi hanno vissuto per dieci lunghi mesi. Ma anche la consapevolezza che l’unione fa la forza e che la coesione aiuta a superare le difficoltà e a ridurre al minimo tanti disagi paventati (foto copertina di Emilio Scappini).
Cosa resterà del Ponte Morandi. Come le Torri Gemelle per i newyorkesi, caduto un simbolo si pensa a ricostruire. Un punto di svolta e di ripartenza di una città che ha già mostrato negli ultimi tempi confortanti segnali di ripresa nell’ambito del commercio, del turismo, della cultura e, soprattutto, delle infrastrutture. Vero, il sindaco Marco Bucci è stato di parola e ha rispettato i tempi d’intervento prospettati nelle ore successive al crollo. Ma senza una città collaborativa non sarebbe stato possibile.
Cosa resterà del Ponte Morandi. La certezza che ancora una volta Genova e i genovesi hanno saputo reagire con forza e coraggio all’ennesima tragedia che si è abbattuta sulla città. Così come era accaduto per le alluvioni del 2011 e del 2014, Genova colpita nel suo ventre ha sofferto in silenzio, elaborato il lutto e preso coscienza di poter vivere un nuovo avvenire con un ponte più solido, moderno e funzionale, firmato dall’architetto Renzo Piano.
Cosa resterà del Ponte Morandi. Tanta, troppa sofferenza, per le 43 vittime del crollo, il dolore delle famiglie che hanno perso i propri cari, il disorientamento degli sfollati della “zona rossa” che in poche ore hanno dovuto abbandonare le proprie case lasciandosi alle spalle un pezzo di vita.
Cosa resterà del Ponte Morandi. La consapevolezza che molti non sapevano che si chiamasse Morandi, dal nome del suo progettista. Per tutti era il ponte dell’autostrada o il “ponte di Brooklyn” in versione genovese. In molti l’avevano amato, criticato per la sua instabilità, attraversato centinaia di volte.
Alle 9.37 quando il suono della sirena ha anticipato il boato dell’esplosione la città si è fermata con il fiato sospeso. Con il magone alla gola ha detto addio per sempre al suo viadotto ma anche acquisito una nuova certezza: il genovese si piega ma non crolla come il suo ponte.
Su Tomaso Torre
Giornalista pubblicista dal 2003, è fondatore e direttore responsabile di GOA Magazine. Appassionato di arte, cultura e spettacoli ha collaborato per anni con diverse testate locali occupandosi di cronaca ed attualità, sport e tempo libero. “Ho sempre coltivato il sogno di realizzare un prodotto editoriale dinamico e fluido che potesse rispondere alle esigenze informative di un pubblico sempre più competente ed avanguardista”.Messaggi correlati
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