I MARLENE KUNTZ VENT’ANNI DOPO IL VILE: “SIAMO CAMBIATI, MA IN MEGLIO”
Dopo aver festeggiato l’anniversario di “Catartica” con una lunga serie di date sold out, il gruppo cuneese riporta nei locali anche “Il Vile”, album che vent’anni fa trasformò per sempre il destino dei Marlene Kuntz. Giovedì al Crazy Bull Cafè la prima data del tour.
“Come stavamo ieri, sarà così domani? Dimmi di sì” cantavano nel 1996 i Marlene Kuntz all’uscita del loro secondo album in studio “Il Vile”. Oggi, esattamente vent’anni dopo, le canzoni che diedero forma a quel disco che cambiò il futuro della band di Cuneo e della musica italiana in generale, tornano a suonare nel tour “Onorate il Vile”, che partirà proprio da Genova giovedì alle 22 al Crazy Bull di Sampierdarena. Una scaletta che ripercorre le 11 tracce del disco e i maggiori successi della band, come “Cenere”, “Ape Regina” e “Retrattile”, fino ad arrivare ai nuovi pezzi di “Lunga Attesa”, l’ultimo lavoro discografico uscito l’anno scorso.
Come sarà riportare sul palco un disco di vent’anni fa? L’energia sarà sempre la stessa? Quanto sono cambiati da allora i Marlene Kuntz? Ne abbiamo parlato con il leader della band Cristiano Godano.
Parte proprio da Genova il nuovo tour “Onorate Il Vile”, che dalla prossima settimana porterà sui palchi di tutta Italia l’album uscito nel 1996 che vi portò al successo. Ci descrivete quel periodo?
Grazie, credo, al clamoroso successo dei Nirvana in giro per il mondo arrivò anche in Italia una certa frenesia per il rock con le chitarre distorte (per cercare una sintesi), che si trasformò in moda e fece affluire un sacco di gente curiosa ai concerti. Sembrava una vera e propria svolta per la cultura rock nel nostro paese, che ne è endemicamente sprovvisto. Ma in quanto moda non durò molto, e da quel periodo sono rimasti solo i migliori, senza una vera e propria scena a substrato. Ora in Italia le proposte che smuovono davvero un sacco di gente fra i giovani (a parte il mainstream ovviamente) non hanno quasi nulla a che fare con il rock, e si è tornati a una situazione dal sapore più italiota e poco internazionale.
Già tempo fa avete portato in tour “Catartica” ed è stato un successo. In che modo e quanto siete cambiati dal vostro esordio discografico?
Siamo maturati bene, molto bene. Abbiamo una integrità artistica che solo qualche detrattore un po’ noioso e poco intelligente può non riconoscere: il resto del mondo affezionato alla musica in modo attivo e creativo ci attribuisce il giusto rispetto.
Siete tornati da poco da un tour che vi ha portato a suonare nelle principali capitali europee. È nata da qui l’idea di tornare a casa e di “tornare alle origini”?
No. Quel tour fu un divertissement extra, uno sfizio per suonare una tantum altrove rispetto ai (purtroppo) soliti locali italiani (non si tratta di sputare nel piatto in cui mangiamo, ci mancherebbe, ma l’Italia è piccola, e a un certo punto scopri che i locali a disposizione sono più o meno sempre gli stessi. Ti parla uno che ha suonato almeno 1600 concerti ufficiali nella sua carriera).
Un ritorno al passato in tutto e per tutto, anche dalla scelta delle location, per la maggior parte club di piccole-medie dimensioni. Cosa significa riportare in tour un disco di più di vent’anni fa?
In verità non siamo quel tipo di band che man mano che procede nel corso del tempo si dimentica dei primi dischi. A rotazione abbiamo sempre suonato quasi tutti i pezzi del Vile come quelli di ogni altro disco della nostra discografia, per cercare di soddisfare quanti più fans possibile. L’unica vera novità è suonarli tutti insieme, una novità gustosa sia per noi che per il pubblico che vorrà rivivere certe emozioni.
Le canzoni di allora e quelle di oggi nascono allo stesso modo?
In parte sì e in parte no: di mezzoc’è l’esperienza di una vita, nuovi metodi di ergonomia, nuovi stratagemmi, nuove opzioni per fomentare la creatività, nuove consapevolezze, nuove maestrie…
È vero che sono stati proprio i fan a chiedere questo tour?
Si, sostanzialmente si. Sono stati in molti a farci capire che se avevamo fatto Catartica non avremmo potuto esimerci dal fare anche Il Vile.
Insieme al “Vile” ci sarà spazio anche per qualche brano dell’ultimo lavoro discografico “Lunga attesa”, album che per molti versi ricorda il suono dei primi anni dei Marlene. Quali sono le differenze e quali invece le somiglianze tra i due dischi?
C’è di mezzo tutto quanto ho provato a sintetizzare due risposte fa: è del tutto impensabile tornare nello spirito a rivivere l’essenza di chi eravamo musicalmente venti anni fa. Impensabile e impossibile. Quindi ci sono delle somiglianze fra i due dischi, ma anche differenze sostanziali: non siamo (è un bene? è un male? chi lo sa?) più isterici e nervosi come un tempo, e ci manca quel nonsoche di approssimativo che avevamo nelle dita quando suonavamo allora: volenti o nolenti ci siamo specializzati, e controlliamo in modo più completo il nostro approccio allo strumento. Ma c’è una cosa assai intrigante: i pezzi del Vile dal vivo spaccheranno ora come allora, perché siamo capaci di generare ancora un sacco di energia elettrizzante all’atto dell’esecuzione.
Info e biglietti: www.goaboa.it
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Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Claudio Cabona, Giovanna Ghiglione e Giulio Oglietti. Le foto sono a cura di Emilio Scappini. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela BiaginiMessaggi correlati
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